giovedì 31 marzo 2011

Berlusconi e Gheddafi proprietari 25% Nessma TV

L’articolo, dal titolo «Berlusconi si associa con Gheddafi e compra il 25% di una televisione tunisina» ed a firma di Miguel Mora, è apparso sul quotidiano spagnolo El Paìs. La traduzione è stata curata da Italiadall’Estero.
Lo scorso agosto il capo del governo italiano ha concesso un’intervista a Nessma TV in cui ha sottolineato l’importanza di fare «buoni ‘casting’ femminili».
L’oscuro trattato bilaterale di amicizia firmato a Bengasi (Libia) nell’agosto del 2008 da Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi è stato fino ad ora controverso a causa del chiaro baratto di gas e petrolio con gli immigrati clandestini, che l’Italia ora restituisce alla Libia non rispettando il diritto di richiedere d’asilo. Una piccola notizia secondaria, apparsa a giugno scorso, era passata quasi inosservata. Si tratta dell’acquisto, da parte della compagnia libica Lafitrade, del 10% di Quinta Communications. La Lafitrade, con sede olandese e controllo libico, porta alla famiglia Ghedddafi attraverso la Lafico.
Quinta Communications è un’azienda produttrice e distributrice fondata nel 1990 dal finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, socio e amico intimo di Silvio Berlusconi. La principale società finanziaria del Cavaliere, Fininvest, possedeva alla fine del 2008, il 29,67% delle azioni di Quinta attraverso la sua struttura lussemburghese Trefinance. Dopo l’aumento del capitale, Berlusconi mantiene circa il 22%.
La notizia dell’accordo privato tra Berlusconi e Gheddafi è stata ora ripresa da The Guardian, che sottolinea lo “sconcertante conflitto di interessi” e “un interesse comune in affari altamente discutibile”. Durante la sua ultima visita a Tripoli, un giorno prima dei festeggiamenti per il quarantesimo anniversario della rivoluzione di Gheddafi, Berlusconi ha sondato, un po’ per scherzo, un po’ sul serio, la disponibilità del leader libico, su una possibile acquisizione del Milan con fondi controllati dal colonnello.
Tarak Ben Ammar che è stato consigliere di Mediaset e ora è consigliere di Mediobanca (con Marina Berlusconi, figlia maggiore del primo ministro italiano) e di Telecom (principale azionista della televisione privata La 7), è stato uno dei grandi promotori dell’accordo tra Libia e Italia. Il 10 giugno, Ben Ammar ha partecipato alla cena di gala offerta da Berlusconi a Gheddafi durante la sua visita a Roma. Mesi prima, a febbraio, Ben Ammar aveva partecipato insieme al presidente di Mediobanca Cesare Geronzi, ad un incontro ufficiale con una delegazione libica presieduto da Berlusconi.
Secondo The Guardian, Quinta Communications e Mediaset, l’impero televisivo di Berlusconi, hanno acquisito entrambe il 25% della nuova televisione satellitare maghrebina Nessma TV. Sabato Ben Ammar ha spiegato che Nessma TV è di proprietà sua e di Berlusconi al 25% e di due soci tunisini per il restante 50%. L’entrata di Gheddafi in Quinta Communications, ha spiegato, è avvenuta solo perché “è interessato a produrre film sul mondo arabo”.
Il 23 agosto, Berlusconi ha visitato Tunisi (dov’è stato girato Baaria, la superproduzione della casa di produzione Medusa, di sua proprietà, che ha debuttato ora a Venezia), e ha rilasciato una lunga intervista in francese a Nessma, in cui ha segnalato che il suo Governo “ha il cuore aperto verso gli immigrati, gli offre casa, lavoro, scuola e ospedali”. Ha definito la televisione come “il grande veicolo di democrazia per influire sulle masse” e ha sottolineato l’importanza di fare “buoni casting femminili”, materia su cui, ha spiegato, ha “grande competenza”. Prima di andare via, ha chiesto il numero di telefono alla presentatrice.

Une caravane culturelle vers Ras Jedir

Après des caravanes de solidarité tous azimuts … Place à la culture et aux loisirs !

Les caravanes de solidarité de toutes les régions du pays affluent depuis des semaines à Ras Jedir pour assurer l'acheminement et l'organisation de la distribution des aides aux réfugiés fuyant les violences en Libye qui franchissent le poste frontalier. Aujourd'hui, une caravane culturelle, qui réunira des hommes d'art et de culture, des artistes, des comédiens et des rappeurs, prendra son chemin vers le camp de Choucha à Ras Jedir.


Une table ronde sera organisée, le vendredi 1er avril, à la maison de la culture de Ben Guerdane avec la participation l'Initiative de la société civile de protection de la révolution, pour évoquer des questions ayant trait à l'art et à la révolution et au rôle de l'intellectuel et de l'artiste dans le développement culturel des regions.
Joint par téléphone par l'agence TAP, Fethi Mars a indiqué dans que l'Initiative de la société civile de Ben Guerdane, dont il est membre, n'a aucun rapport avec un prétendu courant salafiste, et ce, contrairement aux rumeurs qui ont circulé dans ce sens.
Il a ajouté que cette Initiative compte parmi ses membres des citoyens et intellectuels de la région qui ont adhéré à l'élan humanitaire visant à aider les réfugiés, ajoutant que ce comité vise également à promouvoir le développement économique, social et culturel dans la région.
La réalisatrice tunisienne Salma Baccar a, quant-à-elle, déclaré que cette caravane culturelle reflète l'intérêt que portent les artistes à la situation prévalant à Ras Jedir, dans le cadre du dialogue, de l'ouverture sur l'autre et du droit à la différence.
Il est à rappeler que cette caravane culturelle bénéficie de l'appui du ministère de la Culture. Parmi les artistes qui participent à cette caravane, l'on peut citer Naima al Jani et Jamila Chihi et Wajiha Jendoubi.

Frontiera Libia-Tunisia: le foto di Hafedh Chebbi


Viaggio a Ras Jedir, al confine tra Libia e Tunisia, marzo 2011



















Frattini e Maroni a Tunisi

Dopo la visita del Ministro Frattini e Maroni a Tunisi è stata raggiunta un’intesa per prevenire ed arginare il fenomeno dell’emigrazione clandestina. Si tratta in sostanza di un “bonus” di rimpatrio che si aggira sui 1.500 euro per ogni tunisino che accetta volontariamente di rientrare nel suo paese, oltre ad un aiuto economico di 150 milioni di euro per rilanciare l’economia.

La misura vaglia è un’enorme errore che incrementerà il traffico di clandestini. Chi aveva dubbi questa volta partirà sul serio, oltre a vedersi rimborsare il passaggio sul barcone, avrà la possibilità di rimanere in Europa o, male che vada riceverà un “bonus” per ritornare in Tunisia. Forse pochi in Italia sanno che uno stipendio medio qui è di 200 euro al mese.

La Tunisia esce da una rivoluzione importante e allo stesso tempo sconvolgente. Un paese che ha sempre sentito parlare di “democrazia” ma che non ha idea di come si gestisce un paese. La gente è spaesata, la fuga di Ben Ali non ha trovato nessuna forza politica pronta a riprendere il potere e gestire questo periodo di transizione. Tutti sanno delle proteste e delle richieste di cambiamenti comntinui dei ministri del Governo provvisorio, degli scioperi, delle manifestazioni. Si ha voglia di andare verso il futuro ma non si sa da dove cominciare.
Questo paese non ha bisogno di soldi ma di aziende che credano nel suo sviluppo e pontenzialità, che collaborino con gli imprenditori locali per sviluppare nel paese posti di lavoro e rilanciare l’economia.

Prendiamo come esempio il turismo. I tour operator italiani hanno rinviato più volte la programmazione di charter su Djerba, perchè? Arrivano turisti tedeschi, francesi, inglesi, perchè agli italiani no? Il turismo è una fonte importantissima dell’economia e impiega nelle sue strutture moltissimi dei “clandestini” che lasciano il paese in cerca di fortuna. Se si continua a creare ostacoli, molti cominciano a pensare che la via migliore sia la fuga. L’hanno fatto anche gli italiani che “sognavano” l’America, l’hanno fatto tutte le centinai di migliaia di lavoratori che sono andati in Libia da tutti i paesi del mondo per cercare un lavoro più remunerativo.

Se si legge la Normativa Europea in fatto di Emigrazione ci si accorge che essa dà « false speranze » a questi avvenutrieri moderni. Il rimpatrio avviene dopo 5 o 30 giorni solo se il clandestino ha le possibilità economiche di pagarsi il biglietto di rientro. In alternativa rimarrà in Italia.

Reportage dans le Sahara : Tout pour faire revenir les touristes en Tunisie

di
Zeyneb Dridi
On a beau dire que la saison touristique sera sauvée en Tunisie et que le secteur reprendra son rythme normal ou presque, mais il ne faut pas se voiler la face dans le sens où on passe par une période difficile. Le niveau de réservation est en baisse et les professionnels du domaine paniquent.

Dans cette optique, Mehdi Houas, ministre du Commerce et du Tourisme, a pris de nouvelles initiatives afin de changer la donne : Il a choisi d’inviter les ambassadeurs accrédités en Tunisie dont 37 ont répondu présents à cette excursion de rêve dans le Sud Tunisie, investissant ainsi 400 mille dinars pour une opération séduction de luxe. Et le voyage commence !

Le départ s’est fait vendredi après midi sur un vol Tunisair qui, devons-nous l’avouer, a su refléter le niveau supérieur de qualité de service de la société.
A peine arrivés à l’aéroport de Tozeur, les ambassadeurs et invités ont été éblouis par l’accueil qui leur a été réservé : une troupe musicale traditionnelle de la région, un programme varié et riche, mais surtout plein de surprises, qui a su séduire les diplomates présents.
Le ministère du tourisme et l’ONTT se sont donné tous les moyens pour faire réussir cette mission qui a pour objectif de lever les restrictions de voyages que maintiennent encore les ministères des Affaires étrangères des marchés émetteurs sur les régions intérieures de la Tunisie. Et donc mettre en confiance les ambassadeurs qui encourageront ressortissants de leurs pays respectifs à revenir vers la Tunisie.

Une mission réussie, selon la totalité des ambassadeurs participant à l’excursion, leurs familles et la cinquantaine de journalistes tunisiens et étrangers.
Boris Boillon, ambassadeur de France a déclaré : « Je vais conseiller, sans réserve, la levée des restrictions ». Le doyen des ambassadeurs pense quant à lui que « les ambassadeurs ont fait une merveilleuse découverte et ils tiennent à le faire savoir.. »
C’est en effet ce qu’a confirmé l’ambassadeur d'Allemagne en déclarant : « Nous serons les ambassadeurs d'une réalité sereine.»

Le programme de l’excursion comprenait entre autres, un dîner dans la palmeraie de Tozeur, une visite de l’Oasis de Chébika et de l’oasis de Midès, un dîner Gala sous tente à Oung Jmel, une visite aux sites Star Wars, un arrêt photos sur Chott El Djerid, un déjeuner sous tente dans le Sahara à Douz et un mini Festival de Douz à la place Hnich.

L’une des étapes les plus marquantes était celle du passage à l’hôtel Tamerza Palace, l’un des hôtels les plus luxueux de la région où Businessnews s’est entretenu avec le PDG de l’hôtel, Mouldi Hached. Ce dernier a déclaré que malgré l’absence totale de clients dans l’hôtel en cette saison, qui est normalement la plus importante pour la région, il reste optimiste.
« Il est vrai que l’hôtel subit des charges fixes de 110 mille dinars par mois, mais tout ce qu’on peut faire aujourd’hui n’est pas pour l’immédiat, c’est pour 2012 » déclare-t-il en précisant son accord total avec la stratégie adoptée par le ministère du Tourisme.
L’hôtel, pour sa part, entrepris diverses actions pour attirer une nouvelle clientèle, à savoir, la mise en place d’un spa, de nouvelles chambres et un bar-restaurant.
« Nous disposons d’un produit varié, insiste-t-il. Ce qu’il faut faire maintenant c’est d’essayer de toucher le client là où il est à travers des campagnes promotionnelles généralisées. »

Le deuxième moment fort de l’excursion était celui de la visite à Diar Abu Habibi. Il s’agit d’un concept innovant d’hôtel écologique, logé dans les oasis de Tozeur.
Situés à proximité du musée de Dar Chraït, et d’ailleurs appartenant au même propriétaire, ces lodges sahariens de charme en nombre de 12, sont conçus sous forme de cabanes perchées sur des palmiers et construites sur pilotis en pleine palmeraie. Cette nouvelle formule d’hébergement dans l’Oasis de Tozeur offre ainsi un dépaysement total dans une palmeraie d’un hectare.
L’hôtel a ouvert ses portes en octobre 2010, après un an de travaux de construction, et a reçu jusqu’en décembre des clients tunisiens et étrangers. Il offre tous les services habituels que proposent les hôtels, à savoir la blanchisserie, la livraison de magazines et journaux, le parking, accès gratuit au wifi et à la piscine de Dar Chraït…
Les prix appliqués en LPD sont de 300 dinars pour les petits lodges (2 chambres + kitchenette + salle de bain + terrasse) et 500 dinars pour la suite de 2 étages (3 chambres, 2 salles de bain, kitchenette et terrasse).
Le plus original dans cet hôtel est que les résidents, s’ils le désirent, peuvent cultiver par eux-mêmes, et bénéficier des produits agricoles exclusivement bio de la palmeraie.

Eblouis par ces paysages enchanteurs, les ambassadeurs, qui avaient peur de visiter le sud qu’ils croyaient non calme et non sécurisé, ont tous changé d’avis, même après l’incident produit à Souk Lahad dimanche 27 mars. « Je n’ai reçu que des échos positifs », déclare Mehdi Houas lors de la conférence de presse organisée à cette occasion.
« Ce que vous avez vu n’est qu’un échantillon de ce qu’on peut proposer à nos touristes et visiteurs », ajoute-t-il en précisant qu’il s’agit d’un mariage de raison mais aussi d’amour entre l’artisanat, l’infrastructure traditionnelle, la culture et le tourisme.
Interrogé sur le pèlerinage d’El Ghriba, qui coïncide avec le mois de mai, le ministre déclare qu’il ne sera pas annulé et qu’il sera même « le premier pèlerinage de la Tunisie Libre ».
Pour ce qui concerne les touristes algériens, un marché important pour la Tunisie, M. Houas a déclaré qu’une campagne télévisée spécifique sera lancée dans deux semaines pour reconquérir ce marché en mettant en valeur les points communs des deux régions en insistant sur le tourisme culturel.

« On est passé de la Tunisie à visage caché à la Tunisie à visage découvert » relève M. Houas en soulignant qu’il est temps que l’Europe change son regard pour la Tunisie, une Tunisie nouvelle, démocratique, libre mais accueillante comme toujours.
Un schéma qui nous fait beaucoup espérer à un avenir meilleur et à une saison touristique 2012 prospère.

mercoledì 30 marzo 2011

SOS TUNISIA



Dopo la visita del Ministro Frattini e Maroni a Tunisi è stata raggiunta un’intesa per prevenire ed arginare il fenomeno dell’emigrazione clandestina. Si tratta in sostanza di un “bonus” di rimpatrio che si aggira sui 1.500 euro per ogni tunisino che accetta volontariamente di rientrare nel suo paese, oltre ad un aiuto economico di 150 milioni di euro per rilanciare l’economia.
La misura vaglia è un’enorme errore che incrementerà il traffico di clandestini. Chi aveva dubbi questa volta partirà sul serio, oltre a vedersi rimborsare il passaggio sul barcone, avrà la possibilità di rimanere in Europa o, male che vada riceverà un “bonus” per ritornare in Tunisia. Forse pochi in Italia sanno che uno stipendio medio qui è di 200 euro al mese.
La Tunisia esce da una rivoluzione importante e allo stesso tempo sconvolgente. Un paese che ha sempre sentito parlare di “democrazia” ma che non ha idea di come si gestisce un paese. La gente è spaesata, la fuga di Ben Ali non ha trovato nessuna forza politica pronta a riprendere il potere e gestire questo periodo di transizione. Tutti sanno delle proteste e delle richieste di cambiamenti comntinui dei ministri del Governo provvisorio, degli scioperi, delle manifestazioni. Si ha voglia di andare verso il futuro ma non si sa da dove cominciare.
Questo paese non ha bisogno di soldi ma di aziende che credano nel suo sviluppo e pontenzialità, che collaborino con gli imprenditori locali per sviluppare nel paese posti di lavoro e rilanciare l’economia.Prendiamo come esempio il turismo. I tour operator italiani hanno rinviato più volte la programmazione di charter su Djerba, perchè? Arrivano turisti tedeschi, francesi, inglesi, perchè agli italiani no? Il turismo è una fonte importantissima dell’economia e impiega nelle sue strutture moltissimi dei “clandestini” che lasciano il paese in cerca di fortuna. Se si continua a creare ostacoli, molti cominciano a pensare che la via migliore sia la fuga. L’hanno fatto anche gli italiani che “sognavano” l’America, l’hanno fatto tutte le centinai di migliaia di lavoratori che sono andati in Libia da tutti i paesi del mondo per cercare un lavoro più remunerativo.Se si legge la Normativa Europea in fatto di Emigrazione ci si accorge che essa dà « false speranze » a questi avvenutrieri moderni. Il rimpatrio avviene dopo 5 o 30 giorni solo se il clandestino ha le possibilità economiche di pagarsi il biglietto di rientro. In alternativa rimarrà in Italia.

LA SOLUZIONE BRAMBILLA
Lunedi' 28 marzo / Mariagrazia Casella

Sono appena tornata da a Jerba dopo aver fatto un piccolo viaggio nel sud tunisino per vedere che cosa è successo fisicamente al paese dopo la rivoluzione, 1300 km tra città e villaggi in macchina mi hanno mostrato una realtà che a fatica cerca di lavorare per potersi rimettere
dall’inevitabile caos dovuto ad un cambiamento epocale. I segni delle lotte interne, case, uffici, edifici pubblici bruciati raccontano storie di violenza di stato. La gente pero’ con coraggio si è messa d’impegno per ricostruire la Tunisia. Durante questi giorni di viaggio, non so se dire fortunatamente, non ho seguito le vicende italiane alla televisione, avevo solo l’occasione di seguire le faccende libiche e tunisine via televisioni locali, Al Jazira e Al Arabya.
Oggi accendo la televisione e sento le dichiarazioni della signora Brambilla e volevo fare qualche riflessione in merito:
I ricatti della Brambilla, ovvero…soluzioni intelligenti!
La signora Brambilla, ministro del turismo dichiara:
“se la Tunisia non si attiverà per fermare le partenze dei tunisini, non faremo la nostra parte per inviare turisti italiani in Tunisia…”
La Tunisia vive di turismo, soprattutto il sud tunisino, da dove partono gran parte dei giovani in cerca di lavoro e forse di sogni: dopo la rivoluzione, la guerra in Libya e i profughi gestiti a migliaia da questo Paese, stiamo aspettando di risollevarci un attimo economicamente sperando che il turismo riprenda, perlomeno in occasione della Pasqua.
Rimango esterefatta dalla “soluzione Brambilla” che non ha capito, forse, che se questo popolo non avrà lavoro continuerà ad emigrare in massa!
Era questo che intendeva Tremonti quando diceva che questa gente va aiutata nel Paese d’origine????
Forse, invece di ricattare la signora Brambilla farebbe bene ad attivarsi per incoraggiare questo settore. Vorrei segnalare che dalla “rivoluzione” il flusso del turismo italiano in Tunisia è stato bloccato, contrariamente a tanti paesi che invece hanno continuato a lavorare per incrementare il turismo, una forma di aiuto utile al paese.
Aiutare questo Paese è soprattutto “farlo lavorare”, sia nel campo del turismo sia in altri campi. Ecco la vera lotta contro l’immigrazione!
Condivido il discorso del Presidente Napolitano alla comunità italiana in America che ricordava agli italiani il loro passato di emigranti. Dice “l’Italia è stata il numero uno dei paesi che hanno avuto bisogno di partire per lavorare”


MAIL AGENZIE DI VIAGGIO ITALIANE
pubblicata da Marta Vuch il giorno martedì 29 marzo 2011 alle ore 15.09
 
ho ricevuto una pubblicità via mail della easyviaggio, vi prego leggete cosa scrivono! Io ho già risposto perchè non ho potuto trattenermi! Mandatemi i vostri commenti, provvedero' a girarli a questi genii!
Primavera: le nuove mete
Solo un anno fa la Tunisia vinceva la palma della destinazione più economica del Mediterraneo, africano ed europeo. La recente crisi politica, unita alle manifestazioni egiziane e alle porte della bella stagione, ha complicato il quadro delle partenze per questa destinazione, rendendo rapidamente necessario un "rimpasto".
Preoccupati dalla possibilità di nuovi conflitti e sordi alle rassicurazioni di chi descrive una situazione ormai tranquilla, gli italiani cercano nuove mete per le prossime vacanze estive.
Al centro dell'attenzione, non si sgarra, resta il mare. Le nostre proposte riprendono i cataloghi dei principali tour operator italiani. La Grecia risale nelle preferenze per un'evidente vicinanza geografica e per una bilancia dei prezzi che pur essendo più alta di quella tunisina, gioca sull'opportunità del momento e propone tariffe interessanti. Fra le isole rientrano sotto il marchio della Spagna "familiare" le Canarie e le Baleari, la Turchia si assesta fra le mete sicure dell'estate, il Kenya avanza in un medio raggio competitivo.
A voi la stima.


martedì 29 marzo 2011

Israele e gli ebrei in Tunisia

La Tunisia ospita sul suo territorio una piccola minoranza di ebrei che vivono divisi in due comunità principali: quella di Tunisi (circa 600 persone) e quella di Djerba (900 persone).

L’isola di Djerba è meta ogni anno di un pellegrinaggio che vede quasi 6000 ebrei di tutto il mondo ritornare in queste terre la prima settimana di maggio. E’ un’occasione di preghiera, di incontro e anche di festa.

Una celebrazione ricca di suggestione e di fascino che si svolge a El Riahad, un piccolo villaggio nell’entroterra dell’isola dove si trova una sinagoga, la più antica del Nord Africa che sorge, si racconta, dove vennero poste le pietre dell’antico tempio di Israele. Le pietre sono custodite dietro una porticina dove durante la festa della Griba, le donne pongono le uova con sopra scritto il nome ed il desiderio che si chiede venga realizzato. Insieme ad esse vengono accese decine di candele che le renderanno sode, poi verranno recuperate e mangiate, con l’auspicio che il desiderio si realizzi.

Nella sinagoga è anche conservata una delle copie più antiche esistenti al mondo della Torah.

La leggenda narra che in questo luogo fosse venuta ad abitare una bellissima ragazza ebrea che veniva chiamata la straniera “La Griba” e avesse passato la sua vita in totale isolamento.

Durante un temporale un fulmine colpì la capanna in cui essa viveva e la bruciò. Il corpo della giovane rimase intatto e il suo viso sereno e splendido. In quel luogo venne edificata la sinagoga.

Il pellegrinaggio è un momento ricco di tradizione e di fascino ma anche di festa dove si preparano cibi simbolici e che culmina con la processione della statua della fanciulla ricoperta di veli ricamati dalle giovani.

La vita degli ebrei dopo la rivoluzione non è cambiata sostanzialmente, gli ebrei hanno sempre vissuto in armonia con il popolo tunisino ed in particolare a Djerba. Notizia curiosa di oggi è un progetto del Governo di Israele nella persona del Ministro dell’immigrazione Sofia Landver di proporre un’incentivo agli ebrei tunisini che desiderano rientrare in Israele. Domenica verrà vagliata una proposta di legge che prevede la somma di 10.000 shekel (circa 2.000 euro) per ogni singolo e 85.000 shekel (17000 euro) per famiglia oltre a numerose agevolazioni sociali per che deciderà di ritornare. Questa decisione, aggiunge la Landver, rientra in una politica di immigrazione ed esistono già delle domande di ebrei tunisini.

Le soluzioni della Ministra Brambilla contro i movimenti di liberazione del Mediterraneo

Sono appena tornata da a Jerba dopo aver fatto un piccolo viaggio nel sud tunisino per vedere che cosa è successo fisicamente al paese dopo la rivoluzione, 1300 km tra città e villaggi in macchina mi hanno mostrato una realtà che a fatica cerca di lavorare per potersi rimettere
dall’inevitabile caos dovuto ad un cambiamento epocale. I segni delle lotte interne, case, uffici, edifici pubblici bruciati raccontano storie di violenza di stato. La gente pero’ con coraggio si è messa d’impegno per ricostruire la Tunisia. Durante questi giorni di viaggio, non so se dire fortunatamente, non ho seguito le vicende italiane alla televisione, avevo solo l’occasione di seguire le faccende libiche e tunisine via televisioni locali, Al Jazira e Al Arabya.
Oggi accendo la televisione e sento le dichiarazioni della signora Brambilla e volevo fare qualche riflessione in merito:
I ricatti della Brambilla, ovvero…soluzioni intelligenti!
La signora Brambilla, ministro del turismo dichiara:
“se la Tunisia non si attiverà per fermare le partenze dei tunisini, non faremo la nostra parte per inviare turisti italiani in Tunisia…”
La Tunisia vive di turismo, soprattutto il sud tunisino, da dove partono gran parte dei giovani in cerca di lavoro e forse di sogni: dopo la rivoluzione, la guerra in Libya e i profughi gestiti a migliaia da questo Paese, stiamo aspettando di risollevarci un attimo economicamente sperando che il turismo riprenda, perlomeno in occasione della Pasqua.
Rimango esterefatta dalla “soluzione Brambilla” che non ha capito, forse, che se questo popolo non avrà lavoro continuerà ad emigrare in massa!
Era questo che intendeva Tremonti quando diceva che questa gente va aiutata nel Paese d’origine????
Forse, invece di ricattare la signora Brambilla farebbe bene ad attivarsi per incoraggiare questo settore. Vorrei segnalare che dalla “rivoluzione” il flusso del turismo italiano in Tunisia è stato bloccato, contrariamente a tanti paesi che invece hanno continuato a lavorare per incrementare il turismo, una forma di aiuto utile al paese.
Aiutare questo Paese è soprattutto “farlo lavorare”, sia nel campo del turismo sia in altri campi. Ecco la vera lotta contro l’immigrazione!
Condivido il discorso del Presidente Napolitano alla comunità italiana in America che ricordava agli italiani il loro passato di emigranti. Dice “l’Italia è stata il numero uno dei paesi che hanno avuto bisogno di partire per lavorare”
Maria Grazia Casella

Reflexions et scénario possible en Libye!

pubblicata da Hafedh Chebbi



Depuis deux semaines la révolution en Libye c´est transformé en guerre, une guerre qui nous pousse à se poser des questions concernent le futur du pays voisin.
Les forces de l´ONU se sont engagés dans une guerre contre el Gadafi, une guerre oû le prix d´une seule bombe suffi a nourrire un village de 10.000 habitants pour 30 jours. Des centaines de ces bombes et de ces missiles on était lancées dés le début des hostilités. Le coût globale de cette opération ne sera pas moins chère que celle de la premier guerre contre l´Irak en 1991, le Kuwait et les pays du Golf sont encore entrain de remboursés les coûts de cette guerre jusque à nos jours.
Les révolutionnaires de l´est de la Libye ont singnées des chèques à blanc pour les comptes des forces d´interventions internationales à leurs tête la France!

Si nous faisons un petit calcule d´épicier, nous aurons une addition de quelques milliards de dollar qui est l´équivalent du P.N.B. De la Libye pour quelques années! Un point de départ qui génère l´impossibilité d´une réelle indépendance et d´un choix libre des lignes politiques dans le future. Un future qui ne semble pas que la Libye maintiendra sa géographie actuelle, il paraît que la tendance pour la division du pays en deux pays est devenu plus réaliste chez les occidentaux. Reste à savoir si les Libyens et le monde Arabe accepteront la nouvelle répartition des rôles et des biens qui suivent!

À propos pays Arabes, selon les statistiques des cinq dernières années et des sources officielles qui informent que, les pays Arabes sont les plus grands acheteurs des armes dans le monde. Il paraît qu´ils se sont armés jusque au dents uniquement pour s´en servir contre leur propre peuple!


Tunisi: 13 kg d'oro nelle valige


Dopo la partenza di Ben Ali è iniziata in Tunisia, ma anche negli altri paesi arabi  la « caccia ai tesori » dei loro ex governanti che, durante i lunghi anni di potere anno accumulato fortune inestimabili.
Per quanto riguarda l’ex presidente tunisino sono stati scoperti numerosi conti all’estero in Svizzera, beni immobiliari in Francia, società intestate direttamente ed indirettamente ad oltre 100 componenti della sua famiglia con attività delle più svariate da alberghi a reti televisive e radiofoniche, società importatrici di automobili  tra cui Fiat e Volkswagen e molto altro; una vera e propria fortuna.
Alla fine non serviva andare troppo lontano: il Palazzo Presidenziale di Sidi Bou Said, come nei film, aveva dietro una finta biblioteca una cassaforte piena di danaro (euro, dollari e dinari tunisini) oltre a gioielli e cocaina.
Se tutto questo può essere considerato in qualche modo ”normale” cosa dire delle valige? Tutto è iniziato con la fuga di Ben Ali e la sua consorte Leila Trabelsi che la sera del 14 gennaio hanno lasciato la Tunisia attraverso l’aeroporto di Tunisi Chartage con destinazione Arabia Saudita. Grazie ad un trucco politico premeditato e l’applicazione dell’art. 56 della Costituzione che considerava l’ex Presidente come momentaneamente non in grado di governare al posto dell’art. 57 che invece predisponeva la sua destituzione, Ben Ali ha potuto lasciare la Tunisia senza sottoporsi a controlli doganali e trascinando con lui 7 grandi valige.

Il mistero delle valige verrà svelato qualche giorno dopo dalla Banca Centrale della Tunisia dalla quale era stato ritirato un’ingente quantitativo d’oro: 150 kg.
Lunedì 21 marzo gli agenti della Dogana aeroportuale hanno sequestrato un’altra valigia, questa volta di un “cittadino di un paese vicino”, dice ufficialmente il Ministro delle Finanze Monsieur Jalloul Ayed, in partenza per Istambul. All’interno 13 lingotti d’oro ricoperti da uno strato di colore nero per un totale di 13,440 kg.
Ancora all’aeroporto di Tunisi la scorsa settimana un’altro arresto, questa volta con 7,2 Kg d’oro. Questa è una moda che colpisce solo i paesi arabi?

jerbanews: Anita Pasquali: la mia rivoluzione

jerbanews: Anita Pasquali: la mia rivoluzione:



tutto bianco.........bianco come un foglio sul quale scrivere una nuova storia.....bianco come la neve che purifica.....bianco come cio' che non e' ancora stato intaccato da fattori esterni.......bianco come simbolo di speranza!!!......Tunisia ti ho nel ♥

Anita Pasquali: la mia rivoluzione

Gli artisti si esprimono in diversi modi chi utilizzando la musica, chi il corpo, chi una tela.

Anita Pasquali vive a Djerba ed è rimasta nel paese durante la Rivoluzione. Ispirata dagli avvenimenti ha voluto trasferire in un quadro un messaggio di speranza alla Tunisia, come un paese "neo-nato" che vive la sua "prima primavera" e dal candore della nascita cerca la sua strada.

Grazie Anita!



lunedì 28 marzo 2011

Libia - Tunisia: gente in fuga

L’isola di Djerba dista dal confine libico di Ras Jedir 60 km. Quando in Libia sono iniziati i primi disordini la Tunisia ha immediatamente risentito della situazione. Questo piccolo angolo di mondo si è trasformato in una zona di traffico inverosimile.

L’alto Commmissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati parla di 250.000 transiti di rifugiati in fuga da quella che stava diventando una polveriera.

Il 20 febbraio, erano circa le 22.00 inizia a circolare in città un’informazione sconcertante: una marea umana si accalcava a Ras Jedir, bisognava fare presto, faceva freddo. La notizia viaggiava su internet, facebook in particolare e poi i telefonini con gli SMS. “Tutto il personale medico e paramedico disponibile, le ambulanze devono recarsi alla frontiera per una crisi umanitaria di proporzioni bibliche”.

Il giorno dopo erano già attivi “spontanei” centri di raccolta: gente normale con un cuore grande, tutti correvano e avevano fretta. Si raccoglievano viveri e coperte e non appena un gruppo di macchine era pieno esponeva la bandiera della Tunisia e partiva per la frontiera. C’era una gara di solidarietà emozionante.

Le associazioni internazionali sono arrivate a dieci giorni dall’inizio della crisi ed hanno “affiancato” l’entusiasmo dei volontari che nella loro semplicità insieme all’esercito e alla mezza luna araba avevano sfamato piu’ di 14.000 persone al giorno.

Dall’aeroporto di Djerba, due sole piste, sono partiti in media 68 voli al giorno; giorno e notte. I volontari, anche in questo caso, si sono occupati dell’assistenza e della distribuzione dei viveri alle persone in attesa.

E le associazioni internazionali? Hanno incrementato l’attività degli alberghi di Djerba, Zarzis e gli autonoleggi, hanno seguito rigorosamente il loro orario dimostrando molto spesso superficialità e insofferenza nei confronti della gente comune che aiutava spontaneamente “senza una divisa”.

Oggi, ci si sta preparando ad una nuova ondata di profughi, diversa dalla prima tra i quali si prevedono molti bisognosi di cure mediche e il Ministero della Salute ha già allertato tutte le strutture sanitarie del sud che sono pronte e in attesa ora per ora.

Da Ras Jedir, oggi, il responsabile dell’UNHCR Firas Kayal rifrisce di 2.200 arrivi al giorno in maggior parte sudanesi e libici. I sudanesi verranno rimpatriati e i libici?

Libia: 19 marzo 2011, un'altra guerra assurda

Anita Pasquali 28 marzo 2011
Non sono più i tempi di quando ”l'ha detto la radio” è il sigillo della verità. Le troppe menzogne hanno diminuito la credibilità dei mass-media e da qualche anno sappiamo che la TV ha mille modi per falsificare le immagini che dovrebbero documentare i fatti.
Ciò non toglie che esista ancora un gran numero di anime belle, pronte a credere che gli aerei francesi e inglesi e i missili americani stiano bombardando la Libia per ragioni umanitarie. Del resto bisogna capirle.
Questa volta c'è il sigillo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU e, per quanto riguarda l'Italia, di tutti i partiti dell'arco costituzionale e di quello incostituzionale. Solo la Lega ha avanzato qualche timido distinguo e si è subito guadagnata le vociferanti rampogne del Pieferdy Casini.
Purtroppo non appartengo al novero delle anime belle e non credo alle ragioni umanitarie, soprattutto quando vengono accampate da governi che non hanno mai mostrato la minima nota di umanità. Probabilmente perche’ ricordo anche le iniziative belliche di Francia e Inghilterra ai tempi ormai remoti della prima crisi di Suez.
Allora l'arte della menzogna era meno perfezionata e i due governi (che in quel caso non ebbero successo) non nascosero di agire nel proprio interesse. Oggi non sarebbe possibile. La comunità internazionale tollera, come allora e più di allora, guerre e bombardamenti, ma esige che si chiamino operazioni di peacekeeping (l'inglese aiuta sempre, come una volta il latino) a tutela dei diritti umani!!
Quei diritti umani che, purtroppo, sono diventati la maschera o (a piacimento) il cavallo di Troia delle peggiori infamie. In realtà non occorre essere troppo avanzati negli anni per ricordare che nel 1990, in occasione della Desert Storm, gli Stati Uniti (fiancheggiati da 35 “volonterosi”), per salvare i diritti umani dei propri soldati, bombardarono per tre mesi le principali città irachene cagionando (secondo i dati forniti dal sempre modesto Pentagono) 160mila morti civili, fra cui 32.195 bambini.
Oppure per rammentare la Operation Allied Force della Nato in Serbia a sostegno dei diritti umani dei trafficanti di droga del Kosovo (siamo nel 1999), gli interventi in Afghanistan del 2001 e tuttora in corso, o quelli del 2003 alla ricerca delle fantomatiche “armi di distruzione di massa” con le quali Saddam Hussein avrebbe potuto causare l'apocalisse. Per converso nessun Consiglio di Sicurezza ha mai imposto "no fly zone" ai caccia americani che bombardano a tappeto cittadine e villaggi afgani, facendo ogni volta decine di vittime civili, esattamente come si dice stia facendo in Libia Gheddafi, che però non dispone di “droni” (aerei senza pilota e di massima imprecisione), oppure alle armate russe in Cecenia o a quelle cinesi in Tibet.
Per questi paesi valgono sempre il principio di "non ingerenza militare negli affari interni di uno Stato sovrano" e il diritto di autodeterminazione dei popoli sancito a Helsinki nel 1975 e sottoscritto da quasi tutti i Paesi del mondo, inclusi i componenti dell'attuale congrega dei cosiddetti “volonterosi” (anche l'Italia ne è parte e purtroppo con giustificazioni scandalose da parte dei ministri degli esteri e della guerra: “non vogliamo restare indietro agli altri”, “non vogliamo essere volonterosi di serie B”).
Qualunque autorizzazione sia stata scambiata a voce all'interno del Palazzo di vetro, una lettura logica del provvedimento che autorizza la “no-fly zone” sulla Libia e il ricorso a tutte le misure necessarie per realizzarla avrebbe imposto di intimare anzitutto a Gheddafi di sospendere non già le operazioni militari, ma i voli dei suoi aerei e di ricorrere alle misure necessarie (esclusa l'invasione di terra), solo una volta caduto nel vuoto l'invito. Tutt'al contrario la Francia, molto esperta in guerre coloniali, non ha atteso un attimo per iniziare i bombardamenti e centrare una buona quantità di carri armati, che, fino a prova contraria, non hanno le ali e non volano!!!!

Aiuti umanitari!

Maria Grazia Casella11 mars 2011, 00:19

Ciao Loretta, trovo un attimo per raccontarti quello che mi è capitato tra ieri sera e oggi...come sempre dopo il lavoro mi sono recata all'aereoporto di Jerba per dare una mano "a far panini" ed ho trovato una situazione catastrofica, circa 900 persone in fila davanti allo sportello dove distribuiamo i viveri...e i viveri non c'erano. Abbiamo telefonato per recuperare del pane e abbiamo organizzato tutto con un po' d'olio, di sardine e harissa, alla fine pero' non c'era piu' niente e abbiamo dovuto lasciare le persone senza mangiare. Tutto questo non perchè non ci siano viveri ma perchè c'è un problema logistico....non sto a spiegarvi nei particolari la situazione perchè un po' complicata. Tutto questo per raccontarvi una cosa che mi è successa tre ore fa. Ero nel mio negozio e vedo entrare due persone della cooperazione italiana, quando li ho visti ho pensato: "bene le persone giuste per risolvere, forse, questo problema di logistica" cerco di spiegare loro la situazione di questi cittadini del Bangladesh che sono rimasti senza mangiare e spiego loro che ci sono difficoltà logistiche e che in tutto l'aereoporto di Jerba non c'era un responsabile (alle 9 di sera) che si potesse contattare. Tutto questo detto con gentilezza senza alcuna critica ma con la sola voglia di risolvere il problema. Come risposta mi son o sentita dire che non capisco niente di come funzionano i sistemi di aiuto, che se i bengalesi rimangono anche senza mangiare "non muoiono certo di fame", che se faccio qualche cosa è solamente per me (questo è vero) ma che non incidera' sicuramente sulla situazione internazionale, e quando gli ho detto che comunque erano arrivati con molto ritardo per gli aiuti e che se non ci fossero stati i tunisini ad aiutare sarebbe stato un disastro il caro "responsabile" mi ha detto che era tutta colpa della tunisia che ha chiesto aiuto in ritardo ed è proprio per questa "cazzata" (testuali parole) che loro sono arrivati solo adesso....Alla fine, ciliegina sulla torta mi ha detto che parlo come "quella giornalista" (non so chi sia)

e mi ha chiesto se anche io sia UNA GIORNALISTA O UNA COMUNISTA, lo ha detto come se fosse un'insulto ed io naturalmente come risposta ho detto mi metta pure in tutte e due le categorie che ne sarei onorata. Dopodichè se ne andato dicendo che il mondo non funziona come penso io e che non capisco niente in pratica. Secondo me oggi mi ritireranno il passaporto italiano!!!!

Sono un po' demoralizzata e oggi ho pensato alla gente dell'Aquila....alle mie frustrazioni e alle loro.... ciao, demoralizzata Maria Grazia

domenica 27 marzo 2011

Tunisia: dove sono gli aiuti italiani

L’elaborazione di un piano medico sanitario in previsione di un’eventuale operazione internazionale d’urgenza a favore del popolo libico e la sorveglianza epidemiologica del campo di Ras Jedir sono state l’oggetto di una videoconferenza tra il Centro Strategico per le Operazioni Sanitarie (Strategic Health opérations Center – “SHOC-ROOM”) del Minisitero della Salute Pubblica della Tunisia e il centro di coordinamento medico generale di Zarzis.

Mme Habiba Ben Romdhane, Ministro Provvisorio della Salute Pubblica, ha affermato, in
Foto di: Hafedh Chebbi, Ras Jedir marzo 2011

occasione di questo incontro, la necessità di rinforzare la flotta di ambulanze con personale medico in coordinazione con le associazioni umanitarie internazionali.

Ha messo a disposizione del popolo libico il sistema sanitario nazionale e gli ospedali per tutte le prestazioni di medicina d’urgenza.

A Ras Jedir e Chucha, alla frontiera Libica, la mezza luna araba insieme ai volontari e le forze internazionali hanno allestito due tendopoli che possono ospitare fino 60.000 persone. Ci sono anche due ospedali da campo, uno dell’Arabia Saudita ed uno del Marocco.

Ci si attende il peggio.

Le notizie che arrivano dagli operatori umanitari dall’altro lato del confine, parlano di feriti, morti, ospedali al collasso; la situazione è insostenibile e, prima o poi, tracimerà verso la Tunisia. Manca ancora un coordinamento tra le varie istituzioni umanitarie mentre continua senza sosta il lavoro dei volontari e la solidarietà del popolo tunisino. Il responsaabile dell’Alto Commissariato per i Rifugiati si è detto esterefatto dall’efficienza e disponibilità di un popolazione già duramente provata dagli eventi della rivoluzione ma che incondizionatamente aiuta chi ritiene in difficoltà.

Il Governo Italiano, dopo aver stanziato gli aiuti per l’emergenza umanitaria in Tunisia, ha fatto marcia in dietro. La visita del Ministro Boniver, lo scorso l’8 marzo a Chucha, ha avuto lo scopo di ridurre l’intervento ad un servizio di supporto per il campo e un ponte aereo per il rimpatrio di una parte dei 16.000 rifugiati del Bangladesh. Ora a Chucha gli italiani si contano sulle dita di una mano.

La domanda è d’obbligo: dove sono finiti i fondi stanziati per questa missione? (Foto: media NF)

venerdì 25 marzo 2011

L’avventura dei giornalisti “clandestini”martedì


I giornalisti oggi vanno incontro a qualsiasi « avventura » pur di portare un articolo sulle prime pagine della cronaca. Li abbiamo visti negli scenari di guerra, suoi luoghi dei disastri, degli omicidi e in qualsiasi posto a caccia di scoop.

Il Golfo di Gabes ed in particolare la cittadina costiera di Zarzis sono diventati il punto di partenza dei flussi di clandestini che giornalmente fuggono verso l’Italia. Nei caffè, alla luce del sole, si contrattano tariffe, si acquistano barche, si organizzano traversate.

Lo scorso 2 marzo c’è stato una maxi sbarco di clandestini nella notte a Lampedusa.

A bordo di un peschereccio sono giunti sulle coste dell’isola 347 nordafricani. Con grande sorpresa tra di loro la Guardia Costiera ha trovato anche due giornalisti tedeschi, che hanno filmato tutto il viaggio con una telecamerina.

Ecco il nuovo giornalismo intraprendente… trovare un posto sul barcone per fare un reportage “dal vivo” della traversata.

Anche i passeur si sono adeguati e nel loro listino prezzi hanno inserito la voce “passaggio giornalista” o “giornailsta con cameraman”, le tariffe diventano importanti e si va dai 5.000 euro ai 20.000.

Al loro arrivo a destinazione ecco la notizia nella notizia: avranno vissuto e documentato qualche cosa di unico e diventeranno loro stessi protagonisti di una storia su cui altri potranno scrivere. Avranno trovato la notorietà in un modo alternativo.

giovedì 24 marzo 2011


Foto di: Hafedh Chebbi, Ras Jedir marzo 2011

In fuga dalla Libia molti diplomatici e giornalisti sono arrivati oggi al posto di frontiera di Ras Jedir segno evidente del precipitare degli avvenimenti nel paese.

Oltre ad alcune centinaia di rifugiati, molte macchine con targa diplomatica hanno attraversato in tarda mattinata la frontiera. Tra questi l’Ambasciatore della Russia e dell’Indonesia con tutto il corpo diplomatico e consolare oltre ai membri della missione consolare delle Filippine. La loro destinazione l’aeroporto di Djerba per il rimpatrio.

Quattro giornalisti del “New York Times”, il capo ufficio Beyrouth Anthony Shadid, il giornalista Stephen Farrell e due fotografi Tyler Hicks e Lynsey Addario. Questi giornalisti erano stati arrestati dalle forze libiche e poi trasferiti all’ambasciata turca a Tripoli, in seguito liberati grazie all’interveto del Governo della Turchia.

Dai loro racconti emerge una realtà tragica, una guerra di tutti contro tutti, una carneficina.


Circa 2 mila persone hanno cercato rifugio oggi in Tunisia delle più svariate nazionalità: Libia, Sudan, Bangladesh, Egitto, Guinea, Filippine, Gana, India, Vietnam, Irak, Pakistan, Turchia. Tutti sono stati ospitati nel campo di accoglienza di Chucha.

E’ scattata questa sera l’allerta in tutte le strutture sanitarie, ospedali e cliniche nel sud della Tunisia, si attende un arrivo massiccio di feriti dalla Libia. La stessa notizia era stata diramata all’inizio della crisi, la notte del 20 febbraio e quella data aveva segnato l’ingresso di una marea umana.

250 mila rifugiati in un mese assistiti dall’esercito e dalla solidarietà del popolo tunisino che ha provveduto con tutti i mezzi ad alleviare le sofferenze di questa gente in fuga. L’organizzazione per i rifugiati è intervenuta dieci giorni dopo l’inizio della crisi, l’Italia ha inviato un rappresentante solo l’8 marzo per valutare l’entità dell’intervento.

Gheddafi cerca alleati?

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Abdesselem Triki, ex Ministro degli Esteri della Libia e braccio destro di Mouammar Gheddafi è arrivato in queste ore in Tunisia. Si ignora se sia in visita privata, ufficiale o in cerca di rifugio in Tunisia. L’ex Ministro viaggia su una macchina blindata, scortato da auto con sirene rosse e targhe sconosciute in Libia e Tunisia.

Triki alloggerà all’hotel Regency a Gammarth (Tunisi). I giornalisti dell’emittente Al Jazeera hanno cercato di intervistarlo nella hall dell’albergo.

La reazione è stata violenta tanto che sono volati insulti. Il Ministro ha cercato di aggredire fisicamente l’inviato. Grazie all’ intervento degli uomini della sua scorta i giornalisti sono stati allontanati.
Alcune decine di manifestanti libici che si trovavano a Tunisi hanno raggiunto Gammarth e davanti ai cancelli dell’hotel hanno iniziato a lanciare slogan contro il regime di Gheddafi mostrando la bandiera tricolore dei ribelli. Secondo le notizie che circolano in città in queste ore Triki sarebbe venuto in Tunisia come inviato di Gheddafi.

La Tunisia ha mantenuto fino ad ora una posizione neutrale, negando alla Nato l’utilizzo di basi navali e aeree. (foto: media NF)

martedì 22 marzo 2011

Un passaggio per l'Italia: clandestini in fuga

Gli elicotteri sorvolano le coste dell’isola Djerba e le coste del Golfo di Gabes alla ricerca di clandestini pronti a partire.

Il business è ben organizzato e gli accordi vengono presi alla luce del giorno nei caffè. Tutti conoscono i mediatori. Esiste un vero e proprio tariffario: un posto per l’Italia costa dai 1.000 ai 2.000 euro . Le famiglie vendono tutto quello che hanno oro, terreni, olivi per permettere ad un loro familiare di partire.

C’è stato recentemente un’appello del Ministero dell’Agricoltura rivolto pescatori al fine di prevenire la vendita delle loro barche ed incentivare l’attività della pesca.

Purtroppo in questo periodo di crisi anche questo viene considerato un lavoro o un’occasione. L’ offerta è allettante 50.000 euro subito per un’imbarcazione di piccole dimensioni che può portare 40 clandestini, in certi casi si arriva fino a 100.000 euro per un’imbarcazione di grandi dimensioni.

Molte volte le imbarcazioni fanno più viaggi, se non vengono sequestrate, in questo modo si ammortizza l’investimento. Domanda e offerta si incontrano facilmente. Vecchi pescatori che hanno passato una vita in mare cedono facilmente alla tentazione.

Trovata la barca e i “clienti”, si aspetta una notte tranquilla per la partenza. Il pacchetto comprende anche l’alloggio nella zona di Zarzis fino a quando il gruppo non è costituito.

Ali è partito qualche giorno fa e la sua barca è stata intercettata dalle motovedette tunisine. “Non importa”, non si scoraggia “riprovo fino a quando riesco ad andarmene”. Nella tristezza di questi viaggi della speranza è previsto anche una specie di “rimborso” se il viaggio non va a buon fine.

Non c’è rabbia verso i “venditori di sogni”, per chi vuole partire, stanno facendo qualche cosa molto simile ad un servizio sociale.

lunedì 21 marzo 2011

Fuggire dalla Libia

E' incredibile cosa stia succedendo in Libia e bisognerebbe chiedersi fino a che punto è giusto l'intervento della Nato nel conflitto. Approvata la no flight zone ora ci si prepara già all'intervento militare... ma contro chi? L'esercito è con i ribelli o con il generale? La situazione è molto delicata e rischia di diventare qualche cosa di grande e incontrollabile. Le minacce di Gheddafi fanno paura a tal punto che si preferisce attaccare la Libia per isolare il "pazzo". Dalle immagini, poche, che arrivano da Bengazi si vedono bombardamenti in pieno centro e questa volta sul serio, non è piu' una messa in scena. La Tunisia sceglie la strada della neutralità, decidendo di non intervenire nel conflitto ma di restare neutrale e fare da punto di sfogo per gli esuli. Il flusso continua attraverso la frontiera di Ras Jedir e le testimonianze di chi arriva sono angoscianti. La strada che porta verso la Tunisia da Tripoli non è piu' sicura, si sentono spari e per chi si avventura su questo percorso c'è il rischio di venir arruolati dall'esercito. Si hanno notizie di rifugiati nascosti ancora in Libia pronti a lasciare questo paese al collasso il prima possibile. La situazione è ancora piu' critica dalla parte dell'Egitto dove arrivano anche molti feriti dalla zona di Bengazi.

I libici a Djerba

Non parliamo di politici che danno ordini dal sicuro dai loro palazzi nè di militari che fanno un lavoro, ma della gente comune. Questa mattina ho fatto la spesa in un piccolo negozio sotto casa. Si è fermata una macchina con targa libica; a bordo una donna e due uomini. I due uomini sono scesi e uno di loro è entrato nel negozio. Parlava al telefono, era molto agitato, bianco in viso e tremava: "Si, si stiamo bene siamo arrivati. Ci hanno lasciati passare perchè abbiamo detto che era ammalata. Si, la strada era molto pericolosa, sparano... " ha comperato tre pomodori ed è uscito. Il proprietario del negozio mi ha guardato e mi ha detto sono fuggiti e hanno lasciato la guerra sulla strada, hanno paura. Gli ho chiesto se avessero qualcuno a Djerba e mi ha detto di si che sarebbero rimasti da una famiglia. A Houmt Souk si vedono diverse macchine libiche, per la maggior parte sono famiglie con donne e bambini. Se le notizie che arrivano sono vere è difficile raggiungere la frontiera, l'esercito recluta le sue "truppe" per strada. In piu' tutta la parte alla frontiera con la Tunisia è ancora in mano a Gheddafi, tutti sono convinti che sarà questa la zona in cui si concentreranno i combattimenti. Fino a quando non cade Tripoli gli scontri non finiranno. La capitale vive in un mondo a parte quesi isolato dove la maggior parte della popolazione è convinta che Gheddafi sia nel giusto.

19 marzo: primo giorno di guerra

Dopo la risoluzione dell'ONU di ieri sera e la sbalorditiva reazione del governo di Gheddafi, la Tunisia si prepara ad un nuovo esodo dalla Libia. Fino ad ora non si è ancora ben compreso quale sia la reale situazione nel paese. Fatto certo è che con l'impegno preso dal Consigio della Nazioni Unite la situazione ha preso una piega inaspettata. Dov'è Gheddafi? Perchè non ha parlato alla TV questa sera ma si è fatto sostituire da un suo Ministro? A Djerba si respira un'aria di attesa, gli elicotteri presidiano le coste, è aumentata anche la presenza dell'esercito e della polizia. Qualche macchina con targa libica si vede di nuovo in città, la maggior parte sono famiglie con donne e bambini. A Ras Jedir, come in tutto il sud ci si aspetta un grosso esodo e in particolare di libici che vengono in Tunisia per farsi curare. Djerba ha vissuto a lungo beneficiando di questo turismo "medico", qua venivano per vedere i medici e con l'inizio della crisi tutto si è bloccato. Si prevede un grosso afflusso di malati e feriti degli scontri. Per ora tutto è ancora tranquillo...sarà la quiete prima della tempesta?

Guerra in Libia: la frontiera egiziana

L'Egitto ha schierato lungo il suo confine l'esercito, si tratta di centinaia di chilometri di deserto attraverso i quali una popolazione in preda al panico puo' fuggire. Il passaggio di Suluq è stato chiuso per evitare un'entrata in massa di libici. In piu' non c'è piu' nessuno dal lato libico preposto al controllo delle persone in transito, resta ovviamente aperto un corridoio umanitario per il trasporto dei feriti. Anche dal punto di vista sanitario la zona di confine è a rischio in quanto si hanno notizie di villaggi in cui è scoppiata un'epidemia di peste bubbonica. L'intervento della NATO è iniziato in maniera pesante, nessuno ci si aspettava qualche cosa del genere. L'imposizione della no flight zone doveva essere l'interdizione a qualsiasi veivolo di sorvolare lo spazio aereo libico. In realtà la risoluzione 1973 approvata è molto piu' articolata e l'imposizione di una zona di non volo impilica una "sorveglianza" dei cieli da parte della NATO con l'utilizzo degli aerei. E fino a qui tutto chiaro MA gli aerei della Coalizione si alzano in volo solo in "condizioni di sicurezza", sicurezza che per essere raggiunta implica la DISTRUZIONE di tutto cio' che puo' abbattere un aereo. Da qui l'incredibile crudeltà degli attacchi, esagerati e in certi casi imprecisi (ieri notte alle 00:23 hanno colpito un'ospedale alla periferia di Tripoli). La Lega Araba, che aveva approvato la risoluzione della NATO, oggi si tira in dietro e convoca un consiglio straordinario per domani al Cairo: non avevano capito che la risoluzione 1973 implicava un'AGGRESSIONE alla Libia.

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