domenica 27 marzo 2011

Tunisia: dove sono gli aiuti italiani

L’elaborazione di un piano medico sanitario in previsione di un’eventuale operazione internazionale d’urgenza a favore del popolo libico e la sorveglianza epidemiologica del campo di Ras Jedir sono state l’oggetto di una videoconferenza tra il Centro Strategico per le Operazioni Sanitarie (Strategic Health opérations Center – “SHOC-ROOM”) del Minisitero della Salute Pubblica della Tunisia e il centro di coordinamento medico generale di Zarzis.

Mme Habiba Ben Romdhane, Ministro Provvisorio della Salute Pubblica, ha affermato, in
Foto di: Hafedh Chebbi, Ras Jedir marzo 2011

occasione di questo incontro, la necessità di rinforzare la flotta di ambulanze con personale medico in coordinazione con le associazioni umanitarie internazionali.

Ha messo a disposizione del popolo libico il sistema sanitario nazionale e gli ospedali per tutte le prestazioni di medicina d’urgenza.

A Ras Jedir e Chucha, alla frontiera Libica, la mezza luna araba insieme ai volontari e le forze internazionali hanno allestito due tendopoli che possono ospitare fino 60.000 persone. Ci sono anche due ospedali da campo, uno dell’Arabia Saudita ed uno del Marocco.

Ci si attende il peggio.

Le notizie che arrivano dagli operatori umanitari dall’altro lato del confine, parlano di feriti, morti, ospedali al collasso; la situazione è insostenibile e, prima o poi, tracimerà verso la Tunisia. Manca ancora un coordinamento tra le varie istituzioni umanitarie mentre continua senza sosta il lavoro dei volontari e la solidarietà del popolo tunisino. Il responsaabile dell’Alto Commissariato per i Rifugiati si è detto esterefatto dall’efficienza e disponibilità di un popolazione già duramente provata dagli eventi della rivoluzione ma che incondizionatamente aiuta chi ritiene in difficoltà.

Il Governo Italiano, dopo aver stanziato gli aiuti per l’emergenza umanitaria in Tunisia, ha fatto marcia in dietro. La visita del Ministro Boniver, lo scorso l’8 marzo a Chucha, ha avuto lo scopo di ridurre l’intervento ad un servizio di supporto per il campo e un ponte aereo per il rimpatrio di una parte dei 16.000 rifugiati del Bangladesh. Ora a Chucha gli italiani si contano sulle dita di una mano.

La domanda è d’obbligo: dove sono finiti i fondi stanziati per questa missione? (Foto: media NF)

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