domenica 15 maggio 2011

Tunisia: un equilibrio fragile


La regione di Medeninne e Tataouine subiscono in questo periodo l’influenza della guerra in Libia. Mentre gli scontri rimangono nel territorio libico le conseguenza invadono in modo pesante il territorio tunisino. Dopo le bombe cadute nelle scorse settimane nella regione di Dhiba il Ministero della Difesa ha schierato gran parte delle sue truppe lungo il confine meridionale per respingere gli eventuali sconfinamenti.

Un plotone di 220 uomini e 70 automezzi delle truppe di Gheddadi è stato fermato ieri quando cercava di utilizzare il territorio tunisino per aggirare i ribelli. Tutto si è concluso in maniera pacifica. La massiccia presenza dell’esercito inizia a dare i suoi frutti. Questa regione montuosa è la roccaforte dei ribelli di montagna, una zona in cui si annidano truppe mercenarie di Gheddafi, personaggi senza scrupoli che massacrano la popolazione civile e che sono in qualche modo l’obbiettivo dei bombardamenti della NATO.





Questa mattina è stata trovata nel deserto una postazione tenuta da due terroristi nella regione di Remada e precisamente a Douar Nekrif. I due terroristi sono rispettivamente di nazionalità libica e algerina in possesso di documenti falsi. Dopo gli interrogatori è emerso che uno è arrivato in Tunisia il 24 aprile attraverso Jebel Khifouf, arrivando da Jebel El Maa Abyath (regione algerina di Bir Atir). Il secondo sostiene di aver seguito un addestramento nelle montagne di Jebel Al Abyath. Il Ministero degli Interni e della Difesa hanno alzato il livello d’allerta per arginare questi traffici trans frontalieri che hanno visto un altro episodio pochi giorni fa nella regione di Beni Guedech con la fuga dei sospettati. Grazie agli interrogatori sono stati rinvenuti in una grotta nella regioneun’arma di tipo Kalachnikov, 150 munizioni e una granata.

Il sud della Tunsia deve fare i contii ancora con i rifugiati che, visto l’elevato numero, iniziano a creare difficoltà alla popolazione sorpattutto nella regione di Tataouine. Scuole e famiglie ospitano questa marea umana che ha già raggiunto le 40.000 unità. Un coprifuoco volontario si è instaurato nella città, dopo il tramonto nessuno esce di casa. La strada diventa territorio di libici molto spesso ubriachi. E’ aumentato anche lo spaccio di droga, abitudine che era sconosciuta da queste parti. I rifugiati che attraversano la frontiera a piedi vengono accolti nel campo di Ramada, mentre il campo di Dhiba è stato quasi del tutto smantellato a causa della vicinanza al confine. Un’altra tipologia di libici sono quelli che arrivano in macchina dalle regioni di Ghadames e Nalut, questi scendono fino a Tataouine qui trovano rifugio. Pochi fortunati, fino ad ora 4.000 gruppi familiari che sono arrivati nell’isola di Djerba. Qui le associazioni locali hanno messo a loro disposizione case, molto spesso gratuitamente.
I convogli umanitari che organizziamo settimanalmente per il campo profughi di Ramada a sostegno dei bambini rifugiati si sono scontrato in quest’ultima settimana con la triste realtà di quella regione. La mancanza di sicurezza e la scarsa presenza di forze dell’ordine ha dissuaso molti autisti ad intraprendere il viaggio. In certi casi vengono offerti il doppio se non il triplo del compenso normale e comunque gli autisti non si trovano. La solidarietà della gente contina anche se si comincia a sentire il peso della situazione, basti pensare che tutta questa marea umana grava sulle tasche della popolazione tunisina. Nessun aiuto è arrivato dall’estero se non all’inizio della crisi iniziata il 20 febbraio ed unicamente per il campo profughi di Ras Jedir. La Croce Rossa Italiana prevede il ritiro dei suoi uomini e mezzi nel mese di luglio, sono arrivati il 3 aprile. Nella giornata di ieri violenti scontri hanno interessato anche la zona di Tripoli in particolare la cittadina di Boukamache a 17 km dalla frontiera con la Tunisia. Il panico provocato dai bombardamenti della NATO ha spinto la gente a raggiungere Ras Jedir ed il camppo profughi.

La gente scappa anche per mare. Non tutti i barconi che lasciano la la Libia hanno come destinazione l’Italia, la maggior parte si ferma nei porti di Zarzis, Djerba e Ben Guarden. Queste persone hanno storie incredibili e si affiancano ai volontari. A Djerba aiutano i gruppi locali nella distribuzione dei viveri alle famiglie che ospitano in casa i rifugiati.





In queste giornate dense di avvenimenti dove ribelli e truppe pro Gheddafi si scontrano sul campo, anche una guerrà mediatica è stata attivata con l’obbiettivo di diffondere al massimo la crudeltà del conflitto e, allo stesso tempo, catturare le simpatie di coloro che la guerra la combattono da casa, passando informazioni e notizie. Foto impressionanti, filmati inguardabili riempiono il net. Il tam tam mediatico interessa i due gruppi contendenti ed in particolare il loro leader, Gheddafi la cui sorte è avvolta dal mistero. Se si dovesse dar adito alle informazioni dei ribelli uno dei figli di Gheddafi è in una clinica a Djerba insieme alla moglie. La notizia non ha nessuna conferma, ha solo creato un’allerta generale anche perchè si temono reazioni. L’isola è molto sorvegliata, poca polizia ma un forte spiegamento di militari.

Tra tutti gli avvenimenti che hanno scandito le ore di questa lunga giornata quello che sicuramente ha suscitato maggiori reazioni è la fatwa lanciata dall’immam di Tripoli contro gli stranieri: per ogniuno degli 11 immam uccisi nei bombardamenti della NATO devono essere giustiziate 1.000 persone dei paesi di origine degli ordigni che hanno causato la strage. Altri 11.000 obiettivi che si aggiungono a questa folle guerra.

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