mercoledì 27 aprile 2011

Ramada: donne e bambini in fuga dalla guerra

La storia del mondo sta cambiando e ci ritroviamo a cercre sulla cartina geografica città con nomi impronunciabilei, disperse in ogni angolo della terra: Fukushima, Misurata, Nalut, Zarzis, Tataouine... La sola cosa che accomuna tutti questi posti è che sono legati a disastri più o meno grandi e i mass media si sono occupati più o meno degli avvenimenti che li hanno interessati. Oggi molti sanno che la Tunisia confina con la Libia e che il posto di frontiera tra i due paesi si chiama Ras Jedir.
Con gli avvenimenti delle ultime due settimane dobbiamo aggiornare il nostro atlante scendendo più a sud. Tataouine, Ramada, Dhiba , Wazen. Siamo in una zona montuosa al confine tra i due paesi a circa 70 km da Ras Jedir. Una regione molto particolare, meta di viaggi di avvenutra per gli amanti del desrto e della storia. Scrigno di grandi segreti della preistoria dove si trovano caverne nelle quali sono strati ritrovati segni di vita preistorica e anche resti di dinosauri. Oggi queste caverne hanno ripreso vita. La regione di Nalut in Libia è abitata da berberi, una popolazione povera dedita alla pastorizia. Le bombe della guerra non hanno risparmiato nemmeno questo angolo di mondo.
Una piccola frontiera divide i due paesi e, di solito, viene usata per trasportare merci dalla Tunisia alla Libia con generi alimentari. Dal 20 aprile i camion trasportano donne e bambini che scappano dalle bombe. Raggiungono i campi profughi di Ramada e Dhiba e affidono queste creature agli angeli della Mezza Luna Tunisina e a pochi volontari. Gli eventi precipitano e i flussi aumentano, 100, 300, questa notte 800 passaggi attraverso la frontiera. I giorni passano e i numeri fanno paura, sono arrivati a 13.000 in 15 giorni, dei quali molti sono stati accolti da famiglie della regione di Tataouine, molti sono ancora nei campi, quelli più fortunati hanno continuato il viaggio verso Djerba, i malati sono stati trasferiti a Sfax, quelli più gravi a Tunisi. I campi profughi sono fatiscenti per la mancanza di infrastrutture e personale. Safa mi chiama ogni sera da Dhiba e mi dà indicazione su dove dirottare i convogli umanitari e quali sono le necessità più urgenti. Le informazioni di questa tragedia non raggiungono l’estero, pochi sanno cosa sta succedendo in questo angolo di mondo. A Ras Jedir giornalisti di tutto il mondo fotografano tutto e lanciano servizi esclusivi di illustri personaggi politici libici che lasciano la Libia, sappiamo come sono fatte le tende, gli ospedali da campo, abbiamo foto di servizi igenici e lavandini. Dhiba è un paesino in montagna, Tataouine era la sede di una vecchia prigione francese e chi veniva mandato lì diceva “mi mandano alla fine del mondo” tanto che questo modo di dire è rimasto in uso, i giornalisti non si avventurano da queste parti. Le sole immagini che abbiamo sono quelle dei volontari, in ogni caso foto che non possono lasciare indifferenti.
L’esercito tunisino sposta le sue truppe al confine. I bombardamenti si avvicinano, la scorsa settimana quattro ordigni sono caduti in territorio tunisino, per fortuna in una zona desertica e non hanno fatto danni. La cittadina di Wazen a 3 km dalla Tunisia è quella interessata dagli scontri. Un gruppo di 13 ufficiali dell’esercito di Gheddafi hanno attraversato la frontiera, hanno deposto le armi e sono stari arrestati dalle forze tunisine. Oggi i pattugliamenti si fanno più serrati ed è salito lo stato di allerta. I politici discutono piani di attacco alla Libia, si arma la popolazione ed i berberi di questa regione attraversano con il loro bestiame la frontiera, a loro poco interessa della guerra e del petrolio, loro vivono grazie ai loro animali. Greggi di pecore vengono affidati ai “fratelli tunisini” con la speranza di venirli a riprendere quando le acque si calmeranno, se si dovesse morire nel frattempo allora, dicono, “mabrouk” i nostri “fratelli tunisini” potranno continuare ad occuparsene. Le montagne e le grotte della regione di Dhiba hanno ripreso vita, sono piene di piccoli occhi di bambini e donne, terrorizzati e affamati, non sanno che ci sono i campi profughi, non hanno niente, nè cibo, nè vestiti, solo la paura negli occhi.
Le agenzie di viaggio pubblicizzano la Tunisia dicendo “ad un ora di volo dall’Italia” si trovano spiagge bellissime, il deserto. Proprio così ad un ora di volo dall’Italia è in atto una tragedia umanitaria, le distanze sono “brevi” quando si deve guadagnare qualche cosa, sono volutamente “enormi” quando ci sono problemi da affrontare. Personalmente non sopporto le ingiustizie e soprattutto quando ci sono di mezzo bambini. Potrei inventare uno slogan “datemi una bomba e li sfamiamo tutti”.

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