Più delle bombe può la benzina. Nel senso di penuria, per usare l'eufemismo caro alle autorità, anche se la verità è che Tripoli ormai è a secco, o quasi. Le code davanti ai distributori sono infatti di diversi chilometri, ci sono ingorghi spaventosi un po' dappertutto, e la gente è costretta ad aspettare anche due, tre giorni in fila per potere aver un goccio del prezioso liquido. Un paradosso, per un paese come la Libia che resta uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, il primo in Africa. Ma questa è la guerra. Ce n'è talmente poco, di benzina, che di fare il pieno non se ne parla nemmeno. E il massimo che viene erogato quando alla fine si arriva all'agognata pompa non può superare iinque dinari - due euro, al cambio "nero" - pari a soli trentatre litri. Secondo il taxista che ci ha portati in giro nel pomeriggio, con questi cinque dinari si va avanti un giorno, al massimo due, se si si è oculati. Il che vuol dire che in una settimana sono solo due i giorni di lavoro (e di guadagno) per lui - mentre cinque sono quelli che è costretto a passare chiuso in macchino e fermo in fila.
Per correre al riparo, le autorità di Tripoli - con una decisione in stile sovietico - hanno provato a regolamentare il traffico: ci sono distributori di benzina che servono solo i taxi, altri i pulmini che fungono da servizio pubblico, altri ancora per gli avvocati, i medici e le altre categorie professionali. Francamente, non mi pare che funzioni. Capita spesso di imbattersi in assalti alla diligenza - quando arrivano le cisterne col carburante - e di assistere a risse furibonde: c'è infatti chi prova a saltare la fila sganciando una lauta mancia ai poliziotti che presidiano i distributori, chi subappalta la lunga attesa a partenti e amici, chi si ingegna in tutti i modi per evitare questa ingrata corvée.
Quello che è certo è che, se la penuria persiste, anche l'ordine sociale è a rischio. Non a caso i nostri "angeli custodi" non vogliono che filmiamo le file e che intervistiamo la gente in fila: perchè davanti alle telecamere (e ai taccuini) dei giornalisti stranieri la rabbia popolare potrebe esplodere, in chiave ovviamente anti-governativa. E' un segnale da non sottovalutare, perchè la tenuta del regime di Gheddafi è legata a doppio filo con i (relativi) privilegi di cui ha goduto finora la polazione, in termini economici e sociali. Se le giornate bisogna d'ora in poi passarle in fila per fare benzina, e se di notte c'è il rischio costante che ti arrivi addosso una bomba della Nato, beh, a quel puntoforse il gioco non vale più la candela.
di Amedeo Ricucci
Per correre al riparo, le autorità di Tripoli - con una decisione in stile sovietico - hanno provato a regolamentare il traffico: ci sono distributori di benzina che servono solo i taxi, altri i pulmini che fungono da servizio pubblico, altri ancora per gli avvocati, i medici e le altre categorie professionali. Francamente, non mi pare che funzioni. Capita spesso di imbattersi in assalti alla diligenza - quando arrivano le cisterne col carburante - e di assistere a risse furibonde: c'è infatti chi prova a saltare la fila sganciando una lauta mancia ai poliziotti che presidiano i distributori, chi subappalta la lunga attesa a partenti e amici, chi si ingegna in tutti i modi per evitare questa ingrata corvée.
Quello che è certo è che, se la penuria persiste, anche l'ordine sociale è a rischio. Non a caso i nostri "angeli custodi" non vogliono che filmiamo le file e che intervistiamo la gente in fila: perchè davanti alle telecamere (e ai taccuini) dei giornalisti stranieri la rabbia popolare potrebe esplodere, in chiave ovviamente anti-governativa. E' un segnale da non sottovalutare, perchè la tenuta del regime di Gheddafi è legata a doppio filo con i (relativi) privilegi di cui ha goduto finora la polazione, in termini economici e sociali. Se le giornate bisogna d'ora in poi passarle in fila per fare benzina, e se di notte c'è il rischio costante che ti arrivi addosso una bomba della Nato, beh, a quel puntoforse il gioco non vale più la candela.
di Amedeo Ricucci
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