Medici Senza Frontiera pubblica un articolo sul suo sito. Le notizie non sono corrette, nessuno parla di chi occuoa il campo di Choucha e di quei poveretti che si trovano li' da marzo. Etiopia, Eritrea, Ghana, paesi con i quali le Nazioni Unite non sono riusciti a prendere accordi per il rimpatrio allora li hanno gettati là. Ma qual'è il compito delle Nazioni Unite?
Con l’aumento della violenza in un campo rifugiati al confine libico-tunisino, le persone in fuga dalla Libia non hanno un posto sicuro dove andare
26/05/2011
Ben Gardane/Roma – Con l’aumento della violenza in un campo rifugiati al confine libico-tunisino, l’organizzazione medico-umanitaria Medici Senza Frontiere lancia l'allarme sulla situazione dei rifugiati bloccati nei campi temporanei ed esposti alle violenze.
Centinaia di migliaia di rifugiati hanno transitato per il campo Shousha dall’inizio del conflitto in Libia, ma circa 4.000 persone, principalmente sub-sahariane, non possono essere rimpatriate a causa della situazione nei loro paesi di origine e affrontano un futuro incerto.
“Nei giorni scorsi, abbiamo visto un progressivo aumento della violenza, con continui incidenti tra gruppi di rifugiati di differente nazionalità”, racconta Mike Bates, Capomissione di MSF. “Queste persone sono bloccate nel campo, pensato come un’area provvisoria e temporanea, per un periodo indefinito. Molte di loro sentono di essere a un punto morto, senza futuro”.
Domenica 22 maggio, quattro rifugiati sono morti per un incendio di origine sconosciuta che si è sprigionato di notte nel campo, distruggendo più di 20 tende. Con l’aumento della tensione, ci sono stati ulteriori incidenti tra rifugiati di differente origine che vivono nel campo. Anche i residenti locali sono stati coinvolti. Il 24 maggio, sono morte almeno due persone e molte altre sono rimaste ferite, mentre dalle 300 alle 400 tende sono state date alle fiamme.
Dall’inizio di marzo, MSF porta avanti un programma di assistenza psicologica per le persone fuggite dal conflitto in Libia e ha effettuato circa 9.000 visite. Molte persone hanno vissuto esperienze traumatiche, avendo assistito alle violenze o avendole vissute di persona mentre fuggivano dal paese. Inoltre, migliaia di rifugiati sub-sahariani sono sopravvissuti a persecuzioni e maltrattamenti subiti in Libia prima del conflitto.
Il conflitto in Libia ha esposto queste persone a ulteriori pericoli. Fin dall'inizio, il 17 febbraio, 800.000 persone, soprattutto non di origine libica, sono fuggite dal paese: la maggior parte di loro verso Egitto e Tunisia. In migliaia hanno rischiato la vita attraversando il Mediterraneo verso l’Europa: più di 11.000 hanno raggiunto Lampedusa. Oltre 60.000 persone sono invece fuggite a sud, attraverso il deserto, verso il Niger e oltre.
In una lettera aperta inviata il 19 maggio, MSF ha sollecitato i leader europei coinvolti nella guerra in Libia a non dimenticare la situazione che affrontano i migranti in fuga dal conflitto verso l’Europa, criticando le inconsistenti politiche europee sulla migrazione.
“Gli ultimi sviluppi nel campo Shousha ci mostrano chiaramente che la mancanza di alternative sicure per le persone in fuga dalla Libia, soprattutto se di nazionalità sub-sahariana, è un incubo senza fine”, conclude Mike Bates di MSF.
Centinaia di migliaia di rifugiati hanno transitato per il campo Shousha dall’inizio del conflitto in Libia, ma circa 4.000 persone, principalmente sub-sahariane, non possono essere rimpatriate a causa della situazione nei loro paesi di origine e affrontano un futuro incerto.
“Nei giorni scorsi, abbiamo visto un progressivo aumento della violenza, con continui incidenti tra gruppi di rifugiati di differente nazionalità”, racconta Mike Bates, Capomissione di MSF. “Queste persone sono bloccate nel campo, pensato come un’area provvisoria e temporanea, per un periodo indefinito. Molte di loro sentono di essere a un punto morto, senza futuro”.
Domenica 22 maggio, quattro rifugiati sono morti per un incendio di origine sconosciuta che si è sprigionato di notte nel campo, distruggendo più di 20 tende. Con l’aumento della tensione, ci sono stati ulteriori incidenti tra rifugiati di differente origine che vivono nel campo. Anche i residenti locali sono stati coinvolti. Il 24 maggio, sono morte almeno due persone e molte altre sono rimaste ferite, mentre dalle 300 alle 400 tende sono state date alle fiamme.
Dall’inizio di marzo, MSF porta avanti un programma di assistenza psicologica per le persone fuggite dal conflitto in Libia e ha effettuato circa 9.000 visite. Molte persone hanno vissuto esperienze traumatiche, avendo assistito alle violenze o avendole vissute di persona mentre fuggivano dal paese. Inoltre, migliaia di rifugiati sub-sahariani sono sopravvissuti a persecuzioni e maltrattamenti subiti in Libia prima del conflitto.
Il conflitto in Libia ha esposto queste persone a ulteriori pericoli. Fin dall'inizio, il 17 febbraio, 800.000 persone, soprattutto non di origine libica, sono fuggite dal paese: la maggior parte di loro verso Egitto e Tunisia. In migliaia hanno rischiato la vita attraversando il Mediterraneo verso l’Europa: più di 11.000 hanno raggiunto Lampedusa. Oltre 60.000 persone sono invece fuggite a sud, attraverso il deserto, verso il Niger e oltre.
In una lettera aperta inviata il 19 maggio, MSF ha sollecitato i leader europei coinvolti nella guerra in Libia a non dimenticare la situazione che affrontano i migranti in fuga dal conflitto verso l’Europa, criticando le inconsistenti politiche europee sulla migrazione.
“Gli ultimi sviluppi nel campo Shousha ci mostrano chiaramente che la mancanza di alternative sicure per le persone in fuga dalla Libia, soprattutto se di nazionalità sub-sahariana, è un incubo senza fine”, conclude Mike Bates di MSF.
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