I conti non tornano sui tagli alle missioni all'estero annunciati giovedì dal Consiglio dei ministri che prevedono il rimpatrio di 2.078 militari per quasi la metà marinai della portaerei Garibaldi destinata a rientrare a Taranto a metà luglio.
Una riduzione dell'impegno nel conflitto libico celebrata dalla Lega Nord come un successo delle sue pressioni sul Governo anche se di fatto i 4 jet Harrier che operano dalla portaerei verranno rimpiazzati da altrettanti velivoli Tornado dell'Aeronautica dislocati sulle basi in Sicilia. Il numero di velivoli da combattimento messi in campo dall'Italia resterà di 12 più altri 2/4 di supporto logistico e rifornimento ma la rinuncia agli Harrier imbarcati, che decollavano da poche decine di chilometri dalle coste libiche, comporterà un aumento dei costi relativi alle missioni aeree.
Gli Harrier della Garibaldi compiono missioni brevi, non necessitano di rifornimenti e hanno un costo per ora di volo inferiore di poco ai 10 mila euro. I 4 bombardieri Tornado che li rimpiazzeranno (altri 4 sono già impiegati nell'operazione) costano invece 27 mila euro a ora di volo e compiranno missioni più lunghe decollando da Trapani o Ghedi (Brescia) che richiederanno due o tre rifornimenti in volo. Costi aggiuntivi che compenseranno il risparmio determinato dal rientro in porto della Garibaldi.
Secondo quanto appreso dal Sole 24 Ore da fonti ben informate la portaerei verrà rimpiazzata alla testa della flotta della Nato, a guida italiana, dalla nave da assalto anfibio San Giusto che pur imbarcando solo elicotteri dispone di un equipaggio di 350 marinai e ha un costo di esercizio quotidiano pari a 45 mia euro al giorno, cioè un terzo dei 135 mila euro richiesti dalla Garibaldi: cifra che copre solo le spese vive della nave, escluse quindi le ore di volo dei velivoli imbarcati.
Inoltre sulla Garibaldi non vi sono 890 marinai come annunciato dal governo ma bensì 640, quindi la sostituzione della portaerei con la San Giusto comporterà una riduzione degli uomini impiegati di appena 290 unità. Le stesse fonti esprimono perplessità circa la possibilità di ridurre le spese per il conflitto libico da 143 milioni per il trimestre marzo-giugno a 58 milioni per luglio-settembre solo ritirando la Garibaldi il cui impiego non rappresenta certo più della metà dei costi della missione.
A pagare almeno in parte i tagli sono soprattutto gli equipaggi delle navi italiane impegnati da oltre 100 giorni in operazioni belliche senza percepire alcuna indennità di operazioni: in guerra ma retribuiti come fossero in crociera addestrativa.
Inoltre, sottolineano le fonti, il rientro della Garibaldi a Taranto pare sia in realtà motivato dal fatto che i jet Harrier imbarcati non hanno più bombe e missili da lanciare sulle truppe di Gheddafi. Oltre due mesi di intensi raids hanno prosciugato le riserve di armi già da settimane integrate da forniture di componenti e munizioni che il Pentagono ha ammesso di aver dovuto inviare d'urgenza ad alcune forze aeree alleate impegnate in Libia.
Quanto alle riduzioni dei contingenti in Libano e Kosovo, teatri dai quali verranno ritirati entro l'anno rispettivamente 700 e 400 militari, erano già stati da tempo annunciati anche per far fronte ai crescenti costi della missione afghana che ha raggiunto i 4.200 militari la cui progressiva riduzione non comincerà prima della fine di quest'anno.
I risparmi annunciati, ottenuti anche ritirando un pugno di soldati dalle missioni della Ue, una nave dalla missione della Nato nel Mediterraneo Orientale e riducendo un po' di voli per l'Afghanistan, non compensano i costi della guerra libica, 201 milioni previsti. Infatti la spesa complessiva per le missioni oltremare nel 2011 (811 milioni nel primo semestre più 694 nel secondo) supera di poco 1,5 miliardi, cioè la stessa cifra degli ultimi due anni.
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