L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che nelle ultime tre settimane trentamila civili libici sono fuggiti dalle proprie case nella regione di Western Mountains, per cercare riparo nel sud della Tunisia.
Si tratta per la maggior parte di rifugiati di etnia berbera, fuggiti - secondo quanto hanno raccontato agli operatori UNHCR - a seguito dei combattimenti e dei bombardamenti nei loro villaggi e nelle loro città nella regione di Western Mountains. Gli scontri sempre più vicini e i bombardamenti indiscriminati hanno spinto molte famiglie a fuggire.
Sempre nella regione libica di Western Mountains, le città di Nalut e Wazin ora sono praticamente deserte, dicono gli ultimi arrivati. Sono rimasti solo pochi uomini. Non ci sono donne né bambini.
Meno del dieci per cento dei libici che arriva in Tunisia alloggia nei campi. La grande maggioranza di loro infatti è ospitata dalle comunità locali tunisine, che dimostrano ancora una volta la loro grande generosità. Su di loro, tuttavia, grava una pressione sempre maggiore, ora che le loro risorse vanno esaurendosi rapidamente. Nel sud della Tunisia l’UNHCR è impegnato con diverse agenzie partner locali nel tentativo di alleggerire questa pressione, cercando di fornire maggiore assistenza e sostegno alle comunità d’accoglienza. Nei prossimi giorni l’Agenzia conta di potenziare ulteriormente queste attività.
Nell’ambito di un team composto di staff di diverse agenzie delle Nazioni Unite, alcuni operatori UNHCR domenica hanno viaggiato dal confine tunisino fino a Tripoli. Obiettivo del team è quello di ristabilire una presenza internazionale nella capitale libica, oltre che di effettuare una valutazione delle necessità umanitarie. Il team ha inoltre in programma di negoziare con le autorità di Tripoli l’accesso umanitario nell’ovest del paese.
Nelle regione orientale della Libia, invece, è arrivato ieri a Bengasi un aereo DC8 noleggiato dall’UNHCR con a bordo aiuti umanitari provenienti dal deposito dell’Agenzia a Dubai. Si tratta del primo volo umanitario ONU atterrato nel capoluogo della Cirenaica.
Tra gli aiuti consegnati ieri, 21 tende-ospedale, kit di utensili da cucina e teli di plastica per alloggi. Le tende saranno donate da varie associazioni benefiche, organizzazioni e ONG di Bengasi. Altri aiuti saranno poi distribuiti da partner locali alle persone più vulnerabili che vivono nella città e nei suoi dintorni, tra cui anche famiglie di sfollati provenienti da Ajdabiyya e Misurata, migranti originari di paesi terzi, rifugiati e richiedenti asilo. Con il volo sono stati trasportati anche automobili ed equipaggiamento per contribuire all’apertura di un ufficio a Bengasi, insieme ad altre agenzie ONU.
A Misurata si continua a combattere. La situazione nella città assediata è catastrofica, secondo la descrizione delle famiglie evacuate di recente via mare a Tobruk. Molti hanno vissuto nel timore di bombardamenti indiscriminati. Molte case e palazzi sono stati distrutti e alcune famiglie sono state costrette a spostarsi diverse volte. In alcune aree della città non ci sono più né elettricità né acqua. A causa del fuoco dei cecchini, dei combattimenti nelle strade e dei bombardamenti molti non hanno potuto avventurarsi fuori di casa per procurarsi cibo e medicinali.
Prima di riuscire a sfruttare un’interruzione negli scontri e spingersi fino al porto per imbarcarsi su una nave, sono rimaste nascoste nelle proprie case per ben due mesi, raccontano le famiglie evacuate. In alcuni quartieri della città - dicono agli operatori UNHCR - donne hanno partorito in casa perché sarebbe stato troppo pericoloso recarsi all’ospedale.
La scorsa settimana l’UNHCR ha inviato a Misurata 100 tende e 1.500 coperte via mare, aiuti distribuiti dai partner dell’Agenzia alle persone vulnerabili che sono in attesa di essere evacuate in località più sicure della Libia orientale o verso i loro paesi d’origine.
Si tratta per la maggior parte di rifugiati di etnia berbera, fuggiti - secondo quanto hanno raccontato agli operatori UNHCR - a seguito dei combattimenti e dei bombardamenti nei loro villaggi e nelle loro città nella regione di Western Mountains. Gli scontri sempre più vicini e i bombardamenti indiscriminati hanno spinto molte famiglie a fuggire.
Sempre nella regione libica di Western Mountains, le città di Nalut e Wazin ora sono praticamente deserte, dicono gli ultimi arrivati. Sono rimasti solo pochi uomini. Non ci sono donne né bambini.
Meno del dieci per cento dei libici che arriva in Tunisia alloggia nei campi. La grande maggioranza di loro infatti è ospitata dalle comunità locali tunisine, che dimostrano ancora una volta la loro grande generosità. Su di loro, tuttavia, grava una pressione sempre maggiore, ora che le loro risorse vanno esaurendosi rapidamente. Nel sud della Tunisia l’UNHCR è impegnato con diverse agenzie partner locali nel tentativo di alleggerire questa pressione, cercando di fornire maggiore assistenza e sostegno alle comunità d’accoglienza. Nei prossimi giorni l’Agenzia conta di potenziare ulteriormente queste attività.
Nell’ambito di un team composto di staff di diverse agenzie delle Nazioni Unite, alcuni operatori UNHCR domenica hanno viaggiato dal confine tunisino fino a Tripoli. Obiettivo del team è quello di ristabilire una presenza internazionale nella capitale libica, oltre che di effettuare una valutazione delle necessità umanitarie. Il team ha inoltre in programma di negoziare con le autorità di Tripoli l’accesso umanitario nell’ovest del paese.
Nelle regione orientale della Libia, invece, è arrivato ieri a Bengasi un aereo DC8 noleggiato dall’UNHCR con a bordo aiuti umanitari provenienti dal deposito dell’Agenzia a Dubai. Si tratta del primo volo umanitario ONU atterrato nel capoluogo della Cirenaica.
Tra gli aiuti consegnati ieri, 21 tende-ospedale, kit di utensili da cucina e teli di plastica per alloggi. Le tende saranno donate da varie associazioni benefiche, organizzazioni e ONG di Bengasi. Altri aiuti saranno poi distribuiti da partner locali alle persone più vulnerabili che vivono nella città e nei suoi dintorni, tra cui anche famiglie di sfollati provenienti da Ajdabiyya e Misurata, migranti originari di paesi terzi, rifugiati e richiedenti asilo. Con il volo sono stati trasportati anche automobili ed equipaggiamento per contribuire all’apertura di un ufficio a Bengasi, insieme ad altre agenzie ONU.
A Misurata si continua a combattere. La situazione nella città assediata è catastrofica, secondo la descrizione delle famiglie evacuate di recente via mare a Tobruk. Molti hanno vissuto nel timore di bombardamenti indiscriminati. Molte case e palazzi sono stati distrutti e alcune famiglie sono state costrette a spostarsi diverse volte. In alcune aree della città non ci sono più né elettricità né acqua. A causa del fuoco dei cecchini, dei combattimenti nelle strade e dei bombardamenti molti non hanno potuto avventurarsi fuori di casa per procurarsi cibo e medicinali.
Prima di riuscire a sfruttare un’interruzione negli scontri e spingersi fino al porto per imbarcarsi su una nave, sono rimaste nascoste nelle proprie case per ben due mesi, raccontano le famiglie evacuate. In alcuni quartieri della città - dicono agli operatori UNHCR - donne hanno partorito in casa perché sarebbe stato troppo pericoloso recarsi all’ospedale.
La scorsa settimana l’UNHCR ha inviato a Misurata 100 tende e 1.500 coperte via mare, aiuti distribuiti dai partner dell’Agenzia alle persone vulnerabili che sono in attesa di essere evacuate in località più sicure della Libia orientale o verso i loro paesi d’origine.
Nessun commento:
Posta un commento