Venti anni fa, una storia passata veloce, dimenticata da molti. La separeazione della Slovenia dalla Yugoslavia. Mi ricordo di quei giorni come fosse oggi. Mia nonna viveva in un paesino al confine tra Slovenia e Croazia, Jelsane, 45 km dal confine con l'Italia. Le milizie serbe non volevano lasciare che la Slovenia ottenesse l'indipendenza, un territorio ben sviluppato al confine con l'Europa. Un angolo di mondo con grandi potenzialità, sbocco sull'Italia, l'Ungheria e l'Austria. I carri armati avevano raggiunto i confini, gli aerei da guerra sorvolavano il paese. A Jelsane la gente piangeva, avevano paura dei bombardamenti, delle ripercussioni delle milizie serbe rinomate per stupri ed altra atrocità.
Si raccontava che l'esercito fosse rimasto a lungo confinato in una regione remota al confine con la Macedonia e che gli fosse stato detto che l'Italia stava programmando di invadere la Yugoslavia.
Era il periodo dei francobolli, delle comunicazioni radio, internet e facebook non esistevano ancora.
Il dinaro in poco tempo aveva subito una svalutazione da paura, le banconote venivano ristampate aggiungendo "zeri" fino al punto che ci voleva un milione per fare la spesa. Quando sono andata in banca a chiudere il conto corrente per paura che lo stato li bloccasse, mi hanno consegnato "una borsa" di soldi, mia nonna non era una migliardaria.
Al confine la situazione era incerta e si alternavano la Milica e soldati dell'esercito. Quando la situazione è diventata insostenibile abbiamo deciso di far venire la mia nonnina a Trieste, da noi. Un viaggio in ambulanza da Jelsane a Ilirska Bistrica e poi fino a Kozina, le macchine civili non potevano circolare, posti di blocco con tanto di mitragliatrici (oggi li chiameremmo check point), carri armati per le strade.
Giugno - Luglio 1991.
Se andate oggi in Slovenia, dal valico di Basovica ad esempio, quando passate in macchina si "sente ancora" il lumore dei cingoli dei carri armati lasciati sull'asfalto.
Foto di Davorin Križmančič
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