lunedì 6 giugno 2011

La guerra vista dal basso

La prima cosa a cui si abituarono fu il ritmo del lento passaggio dall’alba al rapido crepuscolo. Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza” (W. Golding, ‘Il signore delle mosche’)
I bambini del capo profughi di Remada, vicono al confine tra Tunisia e Libia, hanno fatto dei disegni. Fa parte del lavoro che viene svolto da alcuni volontari, per tenerli impegnati e per farli stare in un ambiente quanto più simile a quello che è una parvenza di normalità. Nelle tende, tutto il giorno, non c’è molto da fare. Essere sradicati dalle proprie case è già un trauma. Si perde la sicurezza dei luoghi, delle cose, degli affetti. Alcuni di questi disegni mi sono stati dati in consegna per portarli a Djerba, da Marta, un’italiana che vive da diversi anni sull’isola e che in questi mesi sta aiutando, insieme ad altri tunisini, i profughi. Una volta alla settimana mandano medicinali e altri generi di prima necessità nei campi. I disegni sono inquietanti e probabilmente c’è la mano di uno o più adulti, sotto. Soldati che vomitano sangue, Gheddafi vicino a una corda pronto per essere impiccato, scene di guerra patriottiche. Dall’altra parte della barricata, i bambini iniziano a cantare al mattino l’inno nazionale libico e imparano ad amare il ‘padre della patria’, il Colonnello Gheddafi. E disegnano anche loro. Ma la guerra non è un gioco.

http://ildottorgonzo.wordpress.com/2011/06/06/i-bambini-e-la-guerra/


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