lunedì 5 settembre 2011

Guerra in Libia: facciamo la spesa

Da ieri rifletto alla cattiveria che si è scatenata su Facebook con sullo sfondo la solita guerra in Libia che, oramai, non trova piu’ nessuno d’accordo su nessun argomento. Tutti sono i detentori della pura verità e molti la ribadiscono con presunzione e arroganza. Si parla dei grandi in giro per il mondo, di politici, accordi segreti, satelliti, monete, morti, carneficine, armi e via dicendo. Sono caduta anch’io in questo girone infernale a litigare su argomenti a me così vicini che improvvisamente sono diventati sconosciuti, come se del paese in cui vivo da 11 anni non avessi capito niente. 
Avevo deciso di staccarmi completamente dall’argomento, di prendere le distanze, di lasciare a giornalisti, opinionisiti, turisti, curiosi la scena che raccontino pure la loro verità forse sono piu’ portati di me o io vedo le cose in modo distorto perchè inserita nel sistema della “primavera araba” e ci vogliono occhi nuovi che arrivano da fuori per giudicare e mettere chiarezza. Oggi sono andata a fare la spesa, ho parlato con la gente, con il farmacista, il signore del mercato. Ora vi posso dire che nessuno puo’ raccontare quello che sta succedendo in Libia e in genere nel nord Africa se non vive nel paese. Il contatto con la gente, essere inseriti in un questi ambienti da anni ti puo’ dare la possibilità di giudicare e dire come stanno andando le cose. Bisognerebbe pensarci e non venire da fuori alla ricerca di quella verità che ci siamo costruiti comodamente a casa dalle notizie dietro un computer. 
Venerdi’ sera l’aereo era pieno di donne e bambini, mogli e figli dei ribelli che tornavano a Djerba per rivedere i loro cari. Pensavo che la guerra fosse finita e che tutti ritornassero a casa, in Libia. Non è vero. I rifugiati hanno cercato di partire ma la situazione non è ancora tranquilla e molte abitazioni e strutture hanno subito molti danni e sono inagibili, in sostanza non hanno dove tornare. La festa dell’Aid che si celebra alla fine del Ramadan è la festa in cui le famiglie acquistano dolci da offrire ai loro cari quando vengono a scambiarsi gli auguri. Le pasticcerie a Djerba, già alcuni giorni prima della festa, avevano esaurito tutte le scorte. I libici non sono rientrati, come avevo letto, per festeggiare l’Aid a casa loro ma sono rimasti qui. Lo sivede anche da una breve visita al supermercato. Il latte ancora non c’è ancora, il proprietario mi dice che loro fanno il possibile ma la richiesta è tamente alta che bisogna razionarlo. Intanto lunghe colonne di tir si avviano verso la frontiera, i ribelli cercano di portare tutto il possibile non senza difficoltà. Incappano molto spesso in gruppi di “sabotatori” che attaccano il convogli, soprattutto quelli che portano benzina, in tutta sicurezza nelle cisterne in plastica che normalmente si usano in campagna per l’acqua. Davanti ai centri medici c’è un traffico impossibile, i parcheggi sono pieni di macchine con la traga bianca. Mia figlia mi fà notare come cambiano le scritte: molti l’hanno sostituita con delle targhe che riportano solo numeri e sono nere, altri con hanno corretto la scritta con la parola Libia. Non sono stupide osservazioni ma una  dimostrano come i libici che sono qui vogliano sottolineare ancora le loro preferenze politiche, non avevano vinto i ribelli? ...se cosi' fosse quelli a Djerba sono tutti pazzi. 
Passiamo in libreria, il 15 settembre inizia la scuola. Molti libri sono cambiati e si chiacchera sulle voci che circolano su un possibile ritardo dell’inizio delle lezioni, l’atmosfera non è serena e la data delle elezioni previste per il 23 ottobre si avvicina. La radio chiama la popolazione ai centri di raccolta del sangue, le scorte sono scarse e i feriti stanno continuando ad arrivare. Sul giornale 1.000.000 di morti si iscrivono alle liste elettorali. Questo succede a Houmt Souk, a Djerba in una calda giornata di settembre. Tutto è rimasto al suo posto: i libici, la guerra, i ribelli, Gheddafi, i rifugiati, l’RCD, Ennhada, le elezioni, il malcontento in Tunisia, la corruzione, il supermercato. Stiamo tanto a litigare e cercare la notizia sensazionale quando sono le piccole cose che ci danno il metro di quello che sta realmente succedendo, non il numero delle bombe cadute o le foto dei corpi bruciati. 
Un fotografo spagnolo Omar Havana mi aveva detto: “Se non c’è sangue non interessa a nessuno”. Secondo me ha perfettamente ragione ecco perchè le notizie non nascono da una ricerca sul campo, tra la gente comune e al supermercato per capire il perchè si sia creata questa situazione, ma si cercano sotto le bombe e tra i morti.

1 commento:

  1. Una grande sensibilità la tua Marta, guardi e " vedi " senti e " ascolti " e sottolinei da subito l'appartenenza al territorio che dà la visibilità corretta di ciò che accade. Nulla è sterile anche i bisticci che ci stanno coinvolgendo, almeno sono voci.......il resto Marta è silenzio. Complimenti come sempre.

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