sabato 24 settembre 2011

La guerra in Libia. Osservazioni da una testimone



http://www.democrazialegalita.it/CONTRIBUTI/vuch_guerra_libia=22settembre2011.htm


Marta vive da 11 anni a Djerba, in Tunisia. Dall'inizio del conflitto si è prodigata per soccorrere i profughi. Partecipa attivamente da mesi all'invio di aiuti umanitari per i bambini nei campi di Dhiba e Ramada

Sull’onda delle « Primavere Arabe » la rivoluzione popolare è approdata anche in Libia. Questa volta le persone che sono scese in piazza non hanno trovato figure come Ben Ali o Moubarak ma una personaggio audace, armato, spietato e con le idee ben chiare: Gheddafi. Una semplice manifestazione di piazza si è via via trasformata in una vera e propria guerra, una guerra civile e sanguinaria fomentata e finanziata dall’occidente. La degenerazione del conflitto è stata il 19 marzo con l’intervento della NATO. Il capro espiatorio di uno scontro etnico-politico-militare è stato identificato in Muammar Gheddafi, leader storico del paese dal 1969 quando si era imposto al popolo al posto di re Idris, fino a pochi giorni prima accolto a braccia aperte dai leaders europei e americani. 42 anni di potere, per molti un incubo, per altri i migliori anni della Libia. Il Consiglio Nazionale di Transizione, creato a Bengasi anche con molti uomini appartenenti al regime, avanza rapidamente, ed in poco tempo vede la bandiera della Rivoluzione alzarsi in tutte le principali sedi diplomatiche e governative mondiali. Quella forse più’ importante e significativa è quella dell’ONU avvenuta pochi giorni fa.


Accanto al nome di Gheddafi, diventato il ricercato numero uno, appare oggi, nello scacchiere libico, quello di Mustafā Abd al-Jalīl che ha assunto il posto di leader dell’opposizione. E’ difficile capire che cosa sia successo in questo ricco paese del Nord Africa, se sia stata veramente la primavera a portare un’aria di rivoluzione o una visione troppo avventurisa del Rais, cosa certa è che il CNT non sarebbe mai riuscito nel suo intento se non avesse avuto l’appoggio della NATO.


Pochi parlano delle terribili perdite: 25.000 morti secondo i dati diffusi dal CNT il 20 settembre, molti dei quali civili. Ben 660.000 rifugiati sono nella vicina Tunisia. La guerra continua, più’ cruenta di prima, e più’ subdola: adesso le vittime sono diventate carnefici e i carnefici sono diventati vittime. Non si può’ più’ raccontare niente sulla Libia senza incorrere in errori: non è più’ il desiderio di indipendenza della Cirenaica dalla Tripolitania, non è più’ il desiderio di destituire un dittatore, è la guerra della gente contro la gente. Tutti sono armati, chiunque può’ farsi giustizia da solo. Grande alleata della Rivoluzione è stata la cattiva informazione che ha fornito, da una parte come dall'altra, un mucchio di notizie distorte. I mezzi di comunicazioni hanno avuto una ruolo importante e forse decisivo in questa brutta storia. L’oro nero ha fatto gola a molti, anche forse alla base dell'intervento Nato, secondo alcuni, c'è stata l’idea di Gheddafi di creare gli Stati Uniti d’Africa con una moneta unica indipendente, con sue banche e sistemi di comunicazione autonomi, cosa che avrebbe creato uno squilibrio in tutti i mercati mondiali, vista la situazione economica “ballerina” in cui già si trovano gli Stati Uniti e l’Europa.

Distrutto l’equilibrio politico in Libia e creatone un altro (la diplomazia non bada all'etica, ma alla concreta convenienza) si possono firmare nuovi contratti con le società petrolifere ed investire nella ricostruzione. Il 21 agosto la Tunisia riconosce il Consiglio Nazionale di Transizione, è il segno del processo irreversibile che si sta consumando in Libia. Gheddafi fugge in uno dei suoi nascondigli nel deserto e Jalil entra vittorioso a Tripoli.




Per celebrare la (loro) vittoria, Sarkozy e Cameron volano a Tripoli, entrano nella piazza verde ora chiamata Piazza dei Martiri e vengono accolti da moltissima gente che sventola le bandierine francesi che sono state distribuite dagli organizzatori. Questa è la stessa piazza in cui fino a qualche mese fa si manifestava a favore di Gheddafi e i media lo criticavano accusando il rais di propaganda quando venivano mostrate quelle immagini con la folla che sventolava le bandiere verdi. Oggi viene usata la stessa piazza per acclamare i nuovi eroi venuti dall'Europa, la gente sventola bnadiere di un altro colore e neanche un commento ma è chiaramente un affronto a Gheddafi la scelta della location della manifestazione.


Lo stesso giorno vengono bombardate Sirte e Bani Walid, poi si scende verso Sahba alla ricerca di quelle sacche di resistenza nelle quali parti dell'esercito scelgono di rimanere legate fino alla morte a Gheddafi. All’inizio della guerra, quando all’esercito era stato ordinato di sparare sulla folla, molti soldati avevano all’interno dei loro vestiti cuciti biglietti di scuse verso il popolo libico come a sottolineare il fatto che erano costretti a fare queste barbarie. Oggi quando questi stessi soldati vengono catturati e torturati dai ribelli, si trovano sui loro corpi inciso il nome di Gheddafi come segno di la lealtà verso il loro leader. Un segno di fanatismo o disperazione.


Il nuovo gruppo che dovrebbe prendere le redini del potere non è stato ancora definito, mentre si sa qualche cosa di più’ sulla nuova costituzione. La Libia non sarà più una "Jamāhīriyya" ("regime delle masse"), ma diventerà un paese democratico con libere elezioni. Della costituzione, che prenderà il posto del Libro Verde, sappiamo già che reintegra la sharia, che era stata da sempre contrastata da Gheddafi.




La guerra continua e dal paese arrivano in Tunisia le vittime di questo orrore a raccontare le loro storie, storie che descrivono una realtà molto diversa da quelle che vediamo ai telegiornali. Per molti di loro la Libia va incontro ad un periodo di grande instabilità dove sarà difficile ristabilire i già fragili equilibri. I nuovi “padroni” non stanno mantenendo le loro promesse. La gente vive grazie agli aiuti umanitari, i soldi non ci sono, le banche non distribuiscono contante. A giugno Gheddafi aveva preso accordi con il Ministero della Salute di Tunisi per prendere in carico tutti i feriti che venivano nelle cliniche tunisine a farsi curare, fossero essi ribelli o suoi seguaci. Aveva detto che “la gente che combatte in Libia non è colpevole, l’errore è della Nato che li ha ingannati ed è riuscita a mettere i fratelli libici gli uni contro gli altri”. Le associazioni umanitarie finanziate dal CNT , invece, hanno aperto i loro uffici in Tunisia e si rendono disponibili ad aiutare le famiglie in difficoltà per affrontare le spese mediche e di soggiorno dei feriti. Bellissimi uffici, bellissime macchine. Quando si presenta un nuovo caso però la prima domanda è: siete ribelli o lealisti? Non ascoltano le richieste, non ascoltano le loro storie, ti salutano con un “ton shouf” che vuol dire “vedremo”, poi, non si fanno più’ sentire. La guerra non è finita e anche se si ha fretta di stabilire i nuovi ruoli politici del paese dal punto di vista umanitario e sociale c’è stata un’enorme regressione. Ci si avvia verso un periodo nero per il Nord Africa, un’area bagnata dal Mediterraneo, volenti o nolenti i nostri “vicini di casa”.


in questo link, le testimonianze dei ricoverati


http://jerbanews.blogspot.com/2011/06/clinica-taoufik-tunisi-ribelli.html





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